Un nuovo pezzo di spazzatura spaziale è in avvicinamento verso il nostro pianeta. Si tratta dello stadio centrale di circa 25 tonnellate del razzo cinese Lunga Marcia 5b, che lo scorso 24 luglio ha lanciato in orbita il secondo modulo della nuova stazione spaziale cinese Tiangong, in fase di costruzione.
Gli esperti stanno monitorando attentamente il fenomeno, e secondo la Space Force statunitense il pezzo di razzo entrerà in atmosfera il 31 luglio, con un margine di circa 22 ore. Quanto successo lo scorso anno con il rientro incontrollato di un altro frammento di Lunga Marcia potrebbe dunque ripetersi. Il che accende una volta in più i riflettori sul grande problema dei detriti spaziali, che costituisce un potenziale rischio per il nostro pianeta.
La probabilità che un detrito spaziale arrivi sulla Terra causando incidenti è stata calcolata da un nuovo studio pubblicato su Nature Astronomy. Ad oggi, la quantità di oggetti spaziali che orbitano intorno al nostro pianeta è in continuo aumento. Secondo Clearspace.today, si tratta di più di 5.000 oggetti non funzionali in orbita e di 3.400 satelliti attivi.
Il nuovo studio ha stimato la possibilità di incidenti dovute alla caduta di parti di razzi nei prossimi dieci anni. Un pericolo di cui siamo, quasi, completamente ignari.
Alla space junk prodotta dall’essere umano, si aggiungono le particelle microscopiche di asteroidi e comete che scendono nell’atmosfera per depositarsi, inosservate, sulla superficie terrestre, aggiungendo fino a circa 40.000 tonnellate di polvere ogni anno.
La pericolosa condizione di collisioni con oggetti cosmici nello spazio è cronaca ed è ben nota agli scienziati: ad esempio, uno degli specchi del telescopio spaziale James Webb è stato recentemente colpito da una micro meteoroide imprevisto, calcolato da tecnici.
Sulla Terra un campione più grande arriva sotto forma di meteorite con una probabilità di circa 1 a 100 circa che un corpo di decine di metri di diametro riesca a entrare attraverso l’atmosfera per scavare un cratere.
Nello spazio come sulla Terra il monitoraggio per rischi da impatto deve essere attivo e anticipare possibili incidenti. Il rischio di pericolo è stato avvertito a livello mondiale proprio dopo l’episodio del Lunga Marcia cinese 5, che in queste ore torna più attuale che mai.
L’arrivo incontrollato di detriti spaziali artificiali, come gli stadi di razzi esauriti, associati a lanci di razzi e satelliti è staoa calcolata utilizzando la modellazione matematica delle inclinazioni e delle orbite delle parti di razzi nello spazio e della densità di popolazione al di sotto di esse.
Piccolo, ma significativo, è il rischio che alcune parti rientrino nel prossimo decennio. Ma è più probabile che ciò accada alle latitudini meridionali rispetto a quelle settentrionali. In effetti, lo studio ha stimato che i corpi di razzi hanno circa tre volte più probabilità di atterrare alle latitudini di Giacarta in Indonesia, Dhaka in Bangladesh o Lagos in Nigeria rispetto a quelli di New York negli Stati Uniti, Pechino in Cina o Mosca in Russia.
Ci sono anche tentativi di lanciare razzi riutilizzabili come quelli già rodati da SpaceX e in fase di sviluppo da parte di Blue Origin. Questi creano molti meno detriti, anche se ce ne saranno alcuni da vernice e trucioli di metallo, poiché tornano sulla Terra in modo controllato.
Molte agenzie stanno prendendo sempre più sul serio i rischi legati ai detriti spaziali. L’Agenzia spaziale europea sta pianificando una missione per tentare la cattura e la rimozione di detriti spaziali con un robot a quattro braccia. L’Onu, attraverso il suo Office of Outer Space Affairs, ha emesso una serie di Linee guida per la mitigazione dei detriti spaziali nel 2010, che è stata rafforzata nel 2018 .
Anche l’Agenzia Spaziale Italiana si occupa del rischio connesso al rientro incontrollato degli oggetti spaziali. Elena Vellutini, co-chair del comitato tecnico del consorzio Eusst e Project Manager presso l’Ufficio Ssa/Sst di Asi, conferma: « L’Agenzia Spaziale Italiana insieme al Ministero della Difesa e Inaf partecipa al Consorzio Eusst, creatosi a seguito della decisione N. 541 del 16 aprile 2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio, che ha istituito un support framework per le attività di Sst (Space Surveillance and Tracking) e ad oggi costituito da sette Stati membri europei (Francia, Germania, Italia, Spagna, Polonia, Portogallo e Romania). All’interno del Consorzio Eusst l’Italia è responsabile del servizio di “Reentry” che fornisce agli utenti una valutazione del rischio di rientro incontrollato degli oggetti spaziali in atmosfera.»
In apertura: Crediti ClearSpace-1