È il ‘peso massimo’ del nostro sistema planetario, può vantare il seguito più numeroso di satelliti naturali (79 quelli attualmente identificati), ma per quanto riguarda gli anelli non riesce ad essere all’altezza del suo scenografico vicino Saturno: stiamo parlando di Giove, protagonista di uno studio dedicato all’analisi di queste particolari strutture, di prossima pubblicazione su Planetary Science Journal.
L’indagine, condotta da due ricercatori del Dipartimento di Scienze Terrestri e Planetarie dell’Università della California-Riverside, si è basata su simulazioni informatiche e al momento è disponibile in anteprima sulla piattaforma arxiv.org (articolo: “The Dynamical Viability of an Extended Jupiter Ring System”).
Gli anelli di Giove, dunque, sono piuttosto deboli e non sono visibili con i tradizionali strumenti di osservazione, anche a causa della luminosità dei quattro satelliti maggiori del pianeta (i cosiddetti satelliti medicei o galileiani – Ganimede, Callisto, Io ed Europa); quindi, gli studiosi si sono chiesti come mai queste strutture non fossero in ‘sintonia’ con le dimensioni del pianeta.
Il team ha condotto una serie di simulazioni informatiche, tenendo conto di svariati parametri tra cui le orbite di Giove e delle sue quattro lune principali e il tempo di formazione degli anelli.
Queste strutture – presenti anche intorno a Nettuno e a Urano – sono principalmente costituite da ghiaccio, che in parte potrebbe provenire dalle comete. Nel caso di Giove, la presenza di satelliti naturali dotati di masse elevate potrebbe aver interferito sul ghiaccio: la di gravità delle lune medicee lo avrebbe spinto all’esterno dell’orbita del pianeta oppure ne avrebbe modificato il percorso al punto da farlo entrare in collisione con la loro superficie. Quindi, è improbabile che Giove abbia potuto avere anelli simili a quelli di Saturno.
L’esistenza di tali strutture, ancorché così deboli, è emersa grazie alle osservazioni effettuate dalla sonda Voyager 1 della Nasa nel 1979. Successivamente, gli anelli di Giove sono stati scrutati dalla sonda Galileo, anche essa ‘targata’ Nasa, e da vari telescopi, sia spaziali che di terra. Le osservazioni più recenti sono quelle del telescopio Webb che, nel set delle prime immagini realizzate lo scorso 12 luglio, annovera anche un ritratto in cui si scorgono i tenui anelli del gigante gassoso.
Gli anelli – spiegano gli studiosi – sono un elemento molto utile per approfondire il percorso evolutivo di un pianeta perché danno evidenza delle collisioni con lune o comete avvenute in epoche remote. Forma, dimensioni e composizione chimica degli anelli possono offrire importanti indizi sul tipo di evento da cui hanno avuto origine.
«Per noi astronomi – ha dichiarato Stephen Kane, primo autore dell’articolo – sono come una ‘macchia di sangue’ sulla scena del crimine: quando osserviamo gli anelli dei pianeti giganti, è la prova che qualcosa di catastrofico ha messo lì quel materiale».
In alto: un frame delle simulazioni utilizzate per lo studio (Crediti: Ucr/Stephen Kane)
In basso: la foto di Giove realizzata dal telescopio Webb con lo strumento NirCam (Crediti: Nasa, Esa, Csa, B. Holler e Stansberry-StSci)