Un evento straordinario che è finito in prima pagina a livello globale: stiamo parlando della pioggia che, il 14 agosto del 2021, ha interessato la regione centrale della Groenlandia, un’area talmente fredda in cui fino a quel momento le precipitazioni erano state solo di carattere nevoso. All’acquazzone ha fatto seguito un rapido scioglimento dello strato di neve in superficie e poi del ghiaccio sottostante. I ricercatori si sono subito mossi per capire la dinamica del fenomeno e la sua portata su un’area del nostro pianeta già messa a dura prova dal cambiamento climatico.

L’indagine è stata coordinata dalla Geological Survey of Denmark and Greenland (Geus), un gruppo di lavoro internazionale che opera all’interno del Ministero del Clima della Danimarca, e i risultati saranno pubblicati su Geophysical Research Letters; la ricerca è stata supportata dal programma Earth Observation Science for Society dell’Esa.

Il punto di partenza dello studio è stato scoprire le origini della pioggia ed è in questa fase che entra in gioco la tecnologia spaziale: sul territorio groenlandese sono presenti alcune basi scientifiche che monitorano costantemente la situazione, ma per avere un quadro completo è stato necessario integrare questi dati con quelli raccolti dalla costellazione Sentinel-3. La coppia di satelliti fa parte del programma europeo di Osservazione della Terra Copernicus.

Le informazioni prese in considerazione sono quelle che riguardano la riflettività della superficie ghiacciata (albedo) e l’andamento della circolazione atmosferica: dall’analisi è emerso che il piovasco è stato preceduto da un’ondata di calore inusuale per quel periodo dell’anno, in cui lo scioglimento stagionale di solito tende a rallentare.

I glaciologi quindi ritengono che il colpevole della fusione rapida che ha danneggiato neve e ghiaccio non sia tanto la pioggia, quanto l’ondata di calore che ha rimosso completamente la coltre nevosa di superficie, provocando un cambiamento nell’albedo; in questo modo, il ghiaccio sottostante – più scuro – è rimasto esposto alle bizzarrie del clima e ha assorbito maggiormente i raggi solari. L’ondata sarebbe all’origine anche delle precipitazioni.

Lo scioglimento, nei giorni successivi al flusso di calore, ha provocato anche il calo dello spessore della neve nei pressi del ghiacciaio Kangerlussuaq: il ritiro è stato pari a 788 metri e ha lasciato esposta una vasta area di ghiaccio scuro, una delle più estese da quando i ricercatori hanno iniziato il monitoraggio dei processi di fusione nel 2017.

Gli autori dello studio concludono che la pioggia – per quanto sia stata un evento scioccante – non debba però essere considerata il principale target di ulteriori sviluppi della ricerca, mentre ritengono che sia ben più importante approfondire le dinamiche delle ondate di calore.

In alto: i segni dello scioglimento sulla superficie ghiacciata della Groenlandia (Crediti: contains modified Copernicus Sentinel data 2021, processed by Esa)