Qual è il ruolo degli oceani nel drammatico processo del climate change? È la domanda cruciale a cui intende trovare una risposta la futura missione Swot (Surface Water and Ocean Topography), progetto della Nasa che prevede la collaborazione della Canadian Space Agency (Csa), del Centre National d’Études Spatiales (Cnes) e della United Kingdom Space Agency.
Il satellite Swot – il cui lancio è previsto nel novembre 2022 – avrà il compito di analizzare il comportamento di vortici e correnti oceaniche; inoltre, si occuperà di monitorare le acque interne (come fiumi e laghi), nonché le coste o altri ecosistemi terrestri compromessi dall’innalzamento del livello del mare.
La particolare attenzione riservata agli oceani risiede nella loro capacità di assorbimento del calore (circa il 90%) delle emissioni di gas serra causate dall’uomo. Capacità che rende gli oceani il più grande magazzino naturale di calore atmosferico e carbonio.
I ricercatori coinvolti nella missione Swot ritengono che gran parte dell’assorbimento di quel calore avvenga intorno a correnti e vortici aventi meno di 100 km di diametro. Si ipotizza che questi flussi – nonostante le loro ridotte dimensioni se confrontate con la Corrente del Golfo e la Corrente della California – trasferiscano fino alla metà del calore e del carbonio dalle acque superficiali alle profondità dell’oceano.
Come spiega Nadya Vinogradova Shiffer – ricercatrice della Nasa impegnata nella missione Swot – «una migliore comprensione di questo fenomeno potrebbe essere la chiave per determinare se esiste un limite alla capacità dell’oceano di assorbire calore e carbonio dalle attività umane».
Swot si servirà di un altimetro nadir implementato con due antenne KaRIn. La combinazione di questi elementi consentirà di ottenere scansioni bidimensionali e dettagliate delle aree osservate.
In alto: Il satellite Swot in fase di assemblaggio, presso la struttura Thales Alenia Space a Cannes (Francia).
Crediti immagine: Cnes/Thales Alenia Space