È considerato il ‘gemello’ della Terra per alcuni tratti analoghi – come le dimensioni, la massa e la densità – ed è l’obiettivo di nuove missioni spaziali che prevedono un rilevante contributo italiano: si tratta di Venere, protagonista di un nuovo studio centrato sul suo clima rovente.
L’indagine è stata curata da un team internazionale, coordinato dal Goddard Institute for Space Studies della Nasa, ed è stata pubblicata recentemente su Planetary Science Journal (articolo: “Large-scale Volcanism and the Heat Death of Terrestrial Worlds”).
La ricerca è stata mirata a individuare quali fattori abbiano reso Venere un mondo infernale, differenziando la sua evoluzione rispetto alla Terra e trasformandolo in una realtà inabitabile. Gli studiosi ritengono che il colpevole sia da ricercare soprattutto nei fenomeni vulcanici, che avrebbero prodotto un effetto serra incontrollato (runaway greenhouse effect), e hanno messo a confronto il vulcanismo di Venere con quello terrestre; a loro avviso, anche il nostro pianeta avrebbe potuto essere messo in crisi dall’azione dei vulcani e avrebbe evitato uno scenario da ‘heat death’ per il rotto della cuffia.
Per indagare questa ipotetica condizione, i ricercatori si sono centrati su alcune aree della Terra definite ‘Grandi Province Ignee’ (Lip – Large Igneous Province): si tratta di vasti depositi di rocce magmatiche affioranti sulla crosta terrestre, che si formano quando essa si squarcia in seguito ai movimenti delle placche tettoniche oppure quando i pennacchi del mantello si fanno strada verso la superficie. Durante la creazione di una Lip, in un arco di tempo che si protrae anche per 5 milioni di anni, si verifica il rilascio di ingenti quantità di gas serra nell’atmosfera cui fa seguito una drastica alterazione del clima; l’impatto delle Lip è tale che a esse sono stati collegati svariati eventi di estinzione di massa.
Non disponiamo di testimonianze complete sulle Lip perché la Terra, grazie alla tettonica a placche, si è sottoposta a continui ‘restyling’; tuttavia, i geologi sono riusciti a trovare traccia di questi depositi nelle profondità della crosta. Una singola Lip, secondo gli studiosi, può influenzare il clima di un pianeta, ma non al punto di alterarlo completamente: infatti, la Terra, pur avendo sperimentato più di una volta questo fenomeno, è riuscita a mantenere una condizione stabile.
L’ipotesi che più Lip potessero essersi formate contemporaneamente è stata contemplata dal gruppo di lavoro in base a indagini geologiche: una situazione del genere avrebbe potuto portare un pianeta alla rovina totale, a causa delle emissioni simultanee di gas serra che avrebbero messo sottosopra il clima. Sulla Terra non è successo, ma gli studiosi pensano che un cataclisma di questa portata potrebbe essersi verificato su Venere, cambiandone per sempre la storia.
Sul secondo pianeta del Sistema Solare è stata comunque riscontrata l’evidenza di attività vulcanica, dato che sono presenti tracce di vulcani estinti; tuttavia, per verificare se l’ipotesi di un insieme di Lip simultanee può essere valida, occorrono maggiori informazioni. A questo punto, gli studiosi attendono l’avvio delle future missioni Nasa ed Esa destinate a Venere: rispettivamente, Veritas ed EnVision. Ambedue le missioni vedono un significativo coinvolgimento del nostro Paese, grazie al supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana.
In alto: il Maat Mons, un vulcano di Venere alto 8 chilometri (Crediti: Nasa/Jpl)