Alcuni studiosi sono andati a indagare le parti più profonde della Terra alla ricerca delle origini del nostro pianeta.

Il centro della Terra è una specie di capsula del tempo che contiene, quasi immutati, i suoi elementi primordiali. L’analisi di questa materia fornirebbe dunque un quadro più chiaro su come si è formato il nostro pianeta. Ma si può raggiungere un luogo così remoto? Certamente no, ma in soccorso dei ricercatori risponde proprio la Terra: grazie a un’anomalia della sua conformazione, gli elementi in questione, attraverso reazioni termiche, salgono in superficie insieme alla lava, in alcuni luoghi cosiddetti “punti caldi”. Al momento i geologi ne hanno identificati circa 50.

In una nuova ricerca un team all’Università della California-Davis, guidata da Sandrine Péron del Politecnico della Svizzera e Sujoy Mukhopadhyay nel Dipartimento di Scienze della Terra e dei pianeti, ha indagato i punti caldi in Islanda e nelle isole Galapagos e pubblicato i risultati su Nature.

Il kripton è il gas nobile su cui si è maggiormente concentrata la ricerca. Il laboratorio dell’Università, specializzato nell’effettuare misurazioni dei gas nobili nelle rocce della Terra e non solo, è stato il primo a misurare tutti gli isotopi di kripton del mantello, compresi i più rari. La ridotta quantità del gas concentrata nei frammenti di lava inoltre, ha indotto Péron a progettare una nuova tecnica di indagine, la spettrometria di massa che ha permesso di individuare kripton in campioni di roccia separandolo da altri due gas nobili, l’argon e lo xenon.

I diversi isotopi di questo elemento, ovvero il differente numero di neutroni presente nel nucleo, sono impronte chimiche per gli scienziati che indagano sugli ingredienti che hanno creato la Terra, così come le particelle del vento solare e dei meteoriti. I risultati indicano che gli elementi volatili della Terra sono arrivati ​​mentre stava crescendo e diventando un pianeta e non quando, già formata, anche se ancora rovente, è avvenuto l’impatto gigante che ha dato origine alla Luna.

«I nostri risultati – ha detto Péron – dimostrerebbero che le sostanze volatili siano arrivate a formare la Terra, in un’era molto remota e da più fonti contemporaneamente». Uno studio precedente di Mukhopadhyay avvalorava la tesi che il neon, un altro gas nobile presente nel mantello inferiore, proveniva dal Sole. Considerando che l’impronta chimica del kripton è simile a quella presente su alcuni meteoriti, ma che non sia sufficiente per spiegarne la quantità, i ricercatori suggeriscono che almeno due fonti distinte abbiano contribuito alla formazione del pianeta.

I ricercatori hanno scoperto inoltre che il rapporto tra i diversi isotopi del kripton nel mantello non corrisponde al rapporto degli isotopi nell’atmosfera terrestre. Anche questo confermerebbe che la Terra si sia plasmata prima dell’impatto gigante «altrimenti, il mantello e l’atmosfera della Terra avrebbero la stessa composizione isotopica a causa dell’equilibrio isotopico che si produce dopo un impatto», ha spiegato Péron.

Lo studio quindi «fornisce indizi sulle fonti e sui tempi di accrescimento delle sostanze volatili sulla Terra e aiuterà i ricercatori a capire meglio come si sono formati i pianeti del sistema solare e quelli intorno ad altre stelle».

 

Immagine in apertura: descrizione di un Punto Caldo