Anche il permafrost sta cedendo le armi, incalzato dalle intemperanze del clima: infatti, il terreno perennemente ghiacciato che caratterizza le regioni estreme della Terra si è dimostrato sensibile all’incremento delle temperature, sfatando la nomea che – fino a tempi abbastanza recenti – lo voleva relativamente immune.
Il fenomeno del disgelo del permafrost sta interessando numerose aree situate all’altezza del Circolo Polare Artico, con conseguenze pesanti per l’ambiente e le attività umane. Questo delicato tipo di terreno, quindi, richiede una particolare sorveglianza in cui la tecnologia spaziale gioca un ruolo fondamentale per il suo punto di vista privilegiato: gli sguardi elettronici che recentemente hanno vegliato sulla salute del permafrost sono quelli delle costellazioni satellitari Sentinel-1 e Sentinel-2 del programma europeo Copernicus.
I loro strumenti hanno raccolto i dati delle regioni artiche per uno studio mirato ad indagare l’impatto delle attività umane, soprattutto sulle aree costiere. Il saggio è stato pubblicato su Environmental Research Letters (articolo: “Expanding infrastructure and growing anthropogenic impacts along Arctic coasts”) e, oltre ai dati satellitari, si è basato su soluzioni tecnologiche offerte dall’Intelligenza Artificiale.
In questo modo è stata realizzata una panoramica completa dell’Artico, che ha permesso anche di identificare le comunità e le infrastrutture potenzialmente a rischio entro i prossimi 30 anni. Il disgelo del permafrost, infatti, ha due conseguenze molto pesanti: il rilascio di anidride carbonica e metano nell’atmosfera (che incrementa ulteriormente le temperature) e l’instabilità del terreno (che mette a repentaglio la staticità di strade, edifici e condutture di gas e petrolio).
Gli studiosi hanno anche utilizzato i dati satellitari della Climate Change Initiative (Cci), un programma dell’Esa ideato per realizzare pienamente il potenziale delle informazioni derivanti dalle osservazioni satellitari della Terra a lungo termine; in particolare, sono stati impiegati i dati delle temperature (a terra) del permafrost dal 1997 in poi. Il team ha successivamente calcolato la futura tendenza di tali temperature sino al 2050 per capire quali aree dell’Artico rischieranno di trovarsi sopra a 0°C.
L’esito dell’indagine mostra una situazione preoccupante: il 55% delle infrastrutture attualmente situate sul permafrost ed entro 100 chilometri dalla costa probabilmente subiranno le conseguenze del cedimento del terreno ghiacciato. Ad esempio, come si può evincere dall’immagine in alto, la Siberia occidentale – dove si concentrano numerose attività estrattive – presenta un elevato livello di rischio.
Questa ricerca, infine, supporta il progetto europeo Nunataryuk di Horizon 2020, dedicato proprio alle comunità costiere dell’Artico.
In alto: immagine che illustra i risultati cui è giunto lo studio [(Bartsch et al. (2021), permafrost in background (light grey area) – year 2019 ground temperature at 2 m depth of Obu et al. (2021), Permafrost Cci/Esa]