Mentre i grandi della Terra si riuniscono per far fronte ai cambiamenti climatici, una nuova ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Nature Communications, utilizza per la prima volta i dati satellitari per studiare lo scioglimento dei ghiacciai.

L’oggetto di studio è calotta polare dell’emisfero Nord che si trova in Groenlandia, l’isola più vasta del pianeta in cui il disgelo, negli ultimi quarant’anni sarebbe aumentato del 21 per cento. La ricerca, finanziata dall’Agenzia Spaziale Europea nell’ambito del progetto Polar+ Surface Mass Balance Feasibility, ha utilizzato i dati della missione CryoSat.

«A causa del riscaldamento globale è ragionevole aspettarsi che i casi di scioglimento estremo in Groenlandia si verifichino più spesso» ha detto Thomas Slater, ricercatore presso l’Università di Leeds nel Regno Unito e primo autore dello studio «Osservazioni come queste sono un passo importante per aiutarci a migliorare i modelli climatici e a prevedere cosa accadrà in questo secolo».

La ricerca mostra che tra il 2011 e il 2020 lo scioglimento della calotta polare in Groenlandia ha provocato un innalzamento del livello del mare di un centimetro. Ciò che emerge è l’irregolarità di questo fenomeno e la maggiore frequenza nell’ultimo periodo. Un terzo dello scioglimento rilevato è avvenuto in soli due anni: ondate di calore estremo, infatti, si sono verificate nell’estate del 2012 e del 2019.

L’innalzamento del livello del mare provoca danni su più fronti: aumenta il rischio d’inondazioni nei paesi situati lungo le coste, sconvolge gli ecosistemi marini e quindi l’economia delle comunità che vivono di pesca, e infine, può alterare la circolazione delle correnti oceaniche e atmosferiche, che a loro volta influenzano le condizioni meteorologiche di tutto il pianeta. «Ci sono, tuttavia, ragioni per essere ottimisti – rassicura Slater – La riduzione delle emissioni potrebbe limitare lo scioglimento del ghiaccio in Groenlandia. Siamo ancora tempo per raggiungere questo obiettivo».

Intanto al momento si stima che entro il 2100 i ghiacciai della Groenlandia potrebbero contribuire a un innalzamento del mare che oscilla tra i 3 e i 23 centimetri. «Questa previsione include un ampio intervallo a causa delle incertezze legate sia alla simulazione dei complessi processi di scioglimento del ghiaccio, sia alle condizioni meteorologiche estreme» ha spiegato Amber Leeson, coautrice dello studio. «I dati satellitari ci aiuteranno a comprendere meglio i processi di scioglimento e a perfezionare le nostre stime sul futuro innalzamento del livello del mare».

Alla missione CryoSat, lanciata 11 anni fa, seguirà l’altimetro Cristal della missione Copernicus Sentinel Expansion dell’Esa. «Guardando ulteriormente al futuro, Cristal assicurerà che il ghiaccio vulnerabile della Terra sia monitorato per i prossimi decenni. Nel frattempo, è imperativo che CryoSat rimanga in orbita il più a lungo possibile fino a quando le nuove missioni Copernicus diventino operative». Lo ha detto Tommaso Parrinello, responsabile della missione CryoSat riferendosi a questa come la «chiave per la ricerca scientifica e per le scelte sulla salute del nostro pianeta».

 

Immagine in apertura: Andamento dello scioglimento dei ghiacciai in Groenlandia dal 2011 al 2020. Crediti: Esa