I campioni lunari riportati sulla Terra dalla missione di esplorazione robotica cinese Chang’e 5, evidenziano che il nostro satellite ha sperimentato il fenomeno del vulcanesimo più a lungo di quanto ipotizzato in precedenza. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature.
ll 17 dicembre 2020 Chang’e-5 ha restituito circa 1,73 kg di campioni lunari sulla Terra. Questi campioni di roccia vulcanica, un tipo di basalto, hanno un’età stimata pari a circa 2 miliardi di anni e sono i più giovani ad essere stati datati direttamente. Le analisi effettuate rivelano i cambiamenti nella composizione del suolo lunare e forniscono informazioni sull’evoluzione geologica e geochimica della Luna.
La precedente datazione effettuata con i radioisotopi indica che la maggior parte dell’attività vulcanica lunare si è interrotta circa 2,9-2,8 miliardi di anni fa. La cronologia del conteggio dei crateri, un metodo alternativo per calcolare l’età delle superfici planetarie, prevede la presenza di flussi vulcanici tra 3 e 1 miliardo di anni e suggerisce che il vulcanismo potrebbe essere durato per un periodo più lungo. Tuttavia questo metodo di datazione presenta grandi incertezze a causa della mancanza di campioni restituiti per la calibrazione.
«Questi campioni – afferma Li Xianhua, uno degli autori dello studio – permettono di comprendere la formazione e l’evoluzione della Luna nel tempo. Potremo utilizzare gli stessi metodi anche per calibrare meglio i modelli cronologici di conteggio dei crateri e per datare le età delle superfici planetarie nel Sistema Solare».
Gli scienziati hanno anche analizzato la composizione dell’acqua dei campioni di basalto. La distribuzione dell’acqua all’interno della Luna può fornire indizi sui processi che hanno guidato la formazione del mantello e sulla durata del l’attività vulcanica. Nel dettaglio il magma ‘genitore’ del basalto risalente a 2 miliardi di anni fa contiene meno acqua rispetto ai campioni provenienti da regioni caratterizzate da un vulcanesimo più antico (4,0-2,8 miliardi di anni fa). Gli scienziati ritengono che la fonte dei basalti più giovani abbia perso acqua per via dell’attività vulcanica prolungata.
Chang’e-5 è stata lanciata il 23 novembre 2020 con l’obiettivo di raccogliere 2 chilogrammi di materiale da alcune delle più giovani superfici vulcaniche del nostro satellite. Per questo motivo l’allunaggio della sonda cinese è stato realizzato nell’Oceanus Procellarum. Chang’e 5 ha prelevato i campioni scavando fino a due metri, la prima missione ad effettuare un’operazione del genere dopo Luna 24 nel 1976.
Crediti foto: Nasa -Immagine della parte settentrionale dell’Oceanus Procellarum ripresa dall’Apollo 15 caratterizzata dal Mons Rümker.