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Vita nell’oceano di Encelado?

Gli scienziati del Southwest Research Institute hanno realizzato un modello che riproduce i processi chimici che avvengono nell’oceano sotterraneo di Encelado. I risultati dello studio, pubblicato sulla rivista Icarus, indicano che le acque della luna di Saturno  sono ricche di elementi, in grado di supportare una comunità microbica diversificata. Poco prima della fine della sua missione, nel 2017, Cassini ha campionato i pennacchi composti da vapore acqueo e granelli di ghiaccio che fuoriescono dalla superficie di Encelado. La sonda ha così rilevato la presenza di idrogeno molecolare, un composto che potrebbe fungere da nutrimento per una potenziale colonia microbica. 

«La rilevazione dell’idrogeno molecolare nei pennacchi ha indicato che c’è energia libera disponibile nell’oceano di Encelado –  ha detto Christine Ray, autrice principale della ricerca – i microbi anaerobici possono metabolizzare l’idrogeno per creare metano. Tutte le forme di vita conosciute possono essere generate da reazioni chimiche simili associate a un squilibrio tra composti ossidanti e riducenti».

Questo squilibrio tra composti – si legge nello studio – crea un potenziale gradiente di energia e favorisce quei processi che sono vitali per molte funzioni di base della vita, comprese la fotosintesi e la respirazione. Ad esempio, l’idrogeno è una fonte di energia chimica che supporta i microbi anaerobici che vivono negli oceani della Terra vicino alle bocche idrotermali. Sul fondo dell’oceano terrestre, questi camini idrotermali emettono fluidi caldi, ricchi di energia e carichi di minerali che consentono a ecosistemi unici –  ricchi di forme di vita insolite –  di prosperare. Studi precedenti hanno rilevato le prove della presenza di prese d’aria idrotermali e squilibri chimici su Encelado, condizioni che potrebbero favorire lo sviluppo di forme di vita nel profondo delle sue acque.  

«Abbiamo determinato che, nel complesso, i nostri valori sia per il metabolismo aerobico che per quello anaerobico soddisfano o superano i requisiti minimi –  continua Ray – questi risultati indicano che la produzione di ossidanti e la chimica dell’ossidazione presenti su Encelado potrebbero contribuire a sostenere la vita e una comunità microbica diversificata».

«Ora che abbiamo identificato potenziali fonti di ‘cibo’ per i microbi – conclude Hunter Waite del Southwest Research Institute  – dobbiamo scoprire la natura delle sostanze organiche complesse che fuoriescono dall’oceano». Per rispondere a questa domanda gli scienziati avranno bisogno di nuovi dati che potrebbero essere raccolti da una nuova generazione di sonde che seguiranno le orme di Cassini, volando tra i pennacchi di vapore di Encelado, alla ricerca di conferme. 

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Fulvia Croci: Giornalista