Utilizzare l’infinitamente grande per andare a caccia dell’infinitamente piccolo. È quando ha fatto un team internazionale di scienziati guidati dall’Università di Cambridge, che ha pensato di cercare minuscole particelle dette assioni servendosi del più grande laboratorio esistente, l’universo. Per questo ha chiesto aiuto a una delle missioni cardine nell’esplorazione del cosmo, il telescopio orbitale Chandra della Nasa.
Obiettivo del team di ricerca era effettuare uno dei primi test sperimentali della teoria delle stringhe, secondo cui tutta la materia è formata da minuscole stringhe vibranti. Combinando meccanica quantistica e relatività generale, la teoria delle stringhe punta a costruire la cosiddetta teoria del tutto. Si tratta di un tentativo – non ancora dimostrato – di unire tutte le forze, particelle e interazioni esistenti nell’universo. Tra gli elementi predetti dalla teoria del tutto ci sono appunto gli assioni, particelle elementari ancora mai osservate sperimentalmente.
Ma perché utilizzare proprio Chandra per andare a cercare queste particelle ipotetiche? La risposta sta nella capacità del telescopio Nasa di osservare il cielo nei raggi X. In particolare, si pensa che gli ammassi di galassie – con le loro potenti emissioni di raggi X – possano essere luoghi eccellenti per trovare la prova dell’esistenza degli assioni.
In particolare, gli scienziati si sono concentrati sulle immagini scattate da Chandra all’ammasso di Perseo, situato a circa 240 milioni di anni luce da noi. Il telescopio ha raccolto dati per cinque giorni consecutivi sul buco nero supermassiccio nel cuore dell’ammasso di galassie. Eventuali tracce degli assioni sarebbero dovute emergere da queste osservazioni. E invece questo è stato uno di quei casi nella scienza in cui un risultato negativo è pur sempre un risultato. Gli scienziati non hanno trovato i tanto agognati assioni, il che li ha indotti a escludere almeno alcune versioni della teoria delle stringhe. Il che non significa che la teoria sia stata falsificata, semplicemente si è ristretto l’insieme delle condizioni necessarie per la sua validazione.
I risultati dello studio, apparso su The Astrophysical Journal, suggeriscono due interpretazioni principali. La più drastica è che particelle simili agli assioni di fatto non esistano. Un’altra possibilità è che gli assioni vengano convertiti in fotoni meno facilmente di quanto prevedano alcuni modelli fisici: questo spiegherebbe perché Chandra non è riuscito a catturarli. In entrambi i casi, la caccia alla chiave per rendere coerente la teoria del tutto continua.