I quasar superluminosi, sono la manifestazione più estrema dei buchi neri supermassicci al centro delle galassie, essendo brillanti come centomila miliardi di stelle pari al Sole. Sono considerati laboratori ideali sia per lo studio dei processi fisici responsabili della loro straordinaria luminosità, sia per investigare i meccanismi che legano quest’ultima all’accelerazione di potenti flussi di materia, i cosiddetti “venti”.
Lo studio pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics Letters e guidato da Luca Zappacosta, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica a Roma getta nuova luce sulla complessa relazione che c’è tra la radiazione emessa da queste potenti sorgenti cosmiche e i venti di materia calda che vengono espulsi da esse.
Le attuali teorie descrivono un quasar come un buco nero supermassiccio di massa tra i cento milioni e i dieci miliardi di volte quella del Sole, alimentato da un disco di gas caldo, il cosiddetto
disco di accrescimento, che spiraleggia vorticosamente ed emette radiazione principalmente nei raggi ultravioletti. Parte della luce ultravioletta emessa viene ulteriormente trasformata in raggi X in una regione popolata da elettroni caldi – chiamata corona – sovrastante il disco di accrescimento.
«Finora sapevamo che i quasar più luminosi hanno un’emissione nei raggi X più bassa di quella attesa sulla base della loro emissione ultravioletta»” dice Zappacosta. «Noi abbiamo scoperto che, almeno tra i quasar più luminosi, esiste una terza variabile, data dai potenti venti nucleari emessi nei pressi del disco di accrescimento. Infatti abbiamo trovato che i venti più veloci, che soffiano anche a 18-25 milioni di chilometri orari, vengono osservati nelle sorgenti con emissione X più debole».
Questo risultato è stato ottenuto nell’ambito del progetto WISSH, che studia i quasar più luminosi dell’intero universo. Il proposito del progetto WISSH è indagare i fenomeni che avvengono nei nuclei dei quasar superluminosi e il funzionamento e il ruolo che i venti di materia hanno nell’ecologia del sistema galassia/buco nero.
La sfida per gli scienziati ora è comprendere se sia l’emissione debole di raggi X a provocare il lancio di venti veloci o se questi ultimi siano la causa dell’emissione X indebolita. È anche possibile che il vento stesso contribuisca a schermare e quindi ridurre l’emissione X o anche che parte di esso interagisca direttamente con la corona, inibendo la produzione dei raggi X.
«Questo risultato conferma l’importanza di studiare i quasar più estremi – aggiunge Enrico Piconcelli, anch’egli ricercatore INAF a Roma – per avere nuovi e cruciali indizi utili alla soluzione di uno dei problemi più dibattuti dell’astrofisica moderna, ossia come l’attività del buco nero
centrale possa influenzare l’evoluzione della galassia che lo ospita. Su questo campo di ricerca infatti sono altissime le aspettative per i risultati che verranno forniti dai grandi telescopi di nuova generazione sia dallo spazio che da Terra, come JWST, ELT e Athena».
Lo studio è stato pubblicato online sul sito web della rivista Astronomy&Astrophyiscs nella lettera The WISSH quasars project – VII. The impact of extreme radiative field in the accretion disc and X-ray corona interplay di L. Zappacosta, E. Piconcelli, M. Giustini, G. Vietri, F. Duras, G. Miniutti, M. Bischetti, A. Bongiorno, M. Brusa, M. Chiaberge, A. Comastri, C. Feruglio, A. Luminari, A. Marconi, C. Ricci, C. Vignali e F. Fiore