Il primo segnale delle onde gravitazionali catturato nel 2015 ha portato una rivoluzione nel modo di osservare il cosmo, proprio allo scoccare del centenario della relatività generale teorizzata da Einstein nel 1915.
Quattro anni più tardi ricorre un centenario meno noto, eppure altrettanto significativo: la dimostrazione, prima ancora che si potesse anche solo concepire di intercettare un’onda gravitazionale con un interferometro, che Albert Einstein aveva ragione. Il 2019 segna infatti i cento anni dall’eclissi totale più famosa della storia, quella che nel 1919 confermò per la prima volta con dati osservativi la teoria della relatività.
Non che Einstein sentisse bisogno di una conferma: «Mi dispiacerebbe per Dio se la teoria non fosse corretta», pare abbia detto il fisico tedesco poco dopo aver dato alle stampe il suo capolavoro scientifico.
Eppure la sua relatività generale era stata dedotta a partire da principi puramente teorici: Einstein li chiamò Gedankenexperiment, “esperimenti mentali” non realizzabili in laboratorio, ma soltanto immaginati. Un concetto piuttosto rivoluzionario per la scienza dell’epoca, che però diede alla luce la teoria più elegante della fisica moderna. Spazio e tempo non sono realtà separate, diceva la teoria einsteiniana, ma formano un continuum che può essere deformato dai campi gravitazionali degli oggetti dotati di massa. Ecco perché la luce non può propagarsi lungo una linea perfettamente retta, come invece aveva ipotizzato inizialmente Newton: viaggiando attraverso lo spaziotempo, si dovrebbe curvare proprio a causa delle deformazioni provocate dai campi gravitazionali dei corpi. Un po’ come una pallina da tennis, rotolando, piegherebbe un tappeto elastico.
Tutto tornava, nei calcoli di Einstein, ma il successo della sua teoria non fu immediato. Presentata all’Accademia prussiana delle scienze alla fine del 2015 e pubblicata il 20 marzo 1916 sulla rivista Annalen der Physik, mentre la Grande Guerra devastava l’Europa, la relatività generale aveva una caratteristica non trascurabile: era incredibilmente difficile. Salvo alcune brillanti eccezioni (come il futuro premio Nobel Max Born, che la definì «la più sorprendente combinazione di penetrazione filosofica, intuizione fisica e abilità matematica») la comunità scientifica essenzialmente non la capì.
Ecco perché una prova empirica era così importante per assicurare ad Einstein la fama mondiale che meritava. Fama che, simbolicamente, arrivò a partire dal 29 maggio 1919: quel giorno era prevista un’eclissi solare totale molto particolare, perché la nostra stella si sarebbe trovata dietro alla Luna ma davanti all’ammasso delle Iadi. Permettendo così per la prima volta una misura accurata delle posizioni stellari che, se la teoria einsteiniana era corretta, sarebbero dovute apparire spostate a causa della gravità.
Era un’occasione unica. A coglierla fu l’astrofisico Arthur Eddington, direttore dell’Osservatorio di Cambridge. Rientrava tra i pochi eletti ad aver studiato e compreso la teoria della relatività: per metterla alla prova, decise di viaggiare dalla Gran Bretagna fino all’isola di Principe, nel golfo africano di Guinea, dove l’eclissi sarebbe stata visibile. E per essere sicuro inviò anche una seconda spedizione a Sobral, in Brasile, altro punto della fascia equatoriale dell’Atlantico favorevole per osservare il fenomeno.
Le due squadre di astronomi tornarono a casa con un pugno di immagini destinate a far conoscere in tutto il mondo l’intuizione di Einstein. L’eclissi aveva effettivamente permesso di osservare la leggera curvatura dello spaziotempo prevista dalla relatività generale, un risultato che una volta per tutte divergeva dalla gravità newtoniana. Einstein dunque aveva ragione.
Un traguardo che oggi, cento anni dopo, è stato festeggiato dalla comunità scientifica mondiale nel migliore dei modi, grazie all’osservazione delle onde gravitazionali e alla nascita della moderna astronomia multimessaggera. E intanto una serie di iniziative promosse dall’International Astronomical Union ricordano la storica eclissi del 2019, che per prima confermò la relatività generale rendendo Albert Einstein una star mondiale.