Sette diversi articoli pubblicati su Nature, Nature Astronomy, Nature Geoscience e Nature Communications, compongono uno speciale interamente dedicato ai risultati delle ricerche svolte sull’asteroide Bennu per indagarne l’evoluzione e capire il ruolo dei corpi celesti primordiali nella nascita della vita sul nostro pianeta. Le analisi sono frutto delle indagini svolte grazie agli strumenti scientifici a bordo della sonda della Nasa OSIRIS-REx, in cui l’Istituto nazionale di astrofisica partecipa con i ricercatori Maurizio Pajola, Elisabetta Dotto e John Robert Brucato, cui abbiamo chiesto un commento sui principali risultati ottenuti fino ad oggi, di cui si parla nei diversi articoli.

Lo studio di Bennu, della sua forma e della sua evoluzione, ci aiuterà a raggiungere una maggiore comprensione di quella che è stata l’evoluzione del nostro Sistema solare. Gli asteroidi, come le comete, sono dei residui rimasti del suo processo di formazione, e quello che si cerca di capire è se un asteroide come Bennu possa aver introdotto sulla Terra materiale contenente acqua e ricco di carbonio, contribuendo quindi anche alla nascita della vita. Elisabetta Dotto, dell’Inaf di Roma, membro dello science team di OSIRIS-REx ha detto al riguardo «Bennu è uno dei numerosi piccoli corpi che ruotando intorno al Sole intersecano l’orbita del nostro pianeta. Gli impatti che questi oggetti hanno avuto con la Terra hanno modificato il corso della vita e, ancora oggi, costituiscono un potenziale pericolo per il nostro pianeta», ed ha aggiunto «Dal 1999, anno della sua scoperta, ad oggi Bennu è stato oggetto di una campagna internazionale di osservazione da telescopi a Terra. Sulla base delle informazioni acquisite sappiamo che si tratta di un oggetto scuro e primitivo, simile ai piccoli corpi che si ritiene abbiano creato le condizioni adatte per l’innesco della vita sulla sul nostro pianeta, rilasciando con i loro impatti acqua e materiale organico appena formato».

Le prime osservazioni provenienti dagli strumenti di bordo di OSIRIS-REx confermano la presenza di minerali idrati diffusi e abbondanti. Le osservazioni hanno anche identificato la presenza inaspettata di numerosi grandi massi. Diverse caratteristiche, come la mancanza di piccoli crateri e l’aspetto eterogeneo della superficie, suggeriscono che essa comprenda diverse regioni appartenenti a epoche diverse, alcune residue dal corpo progenitore e altre frutto di attività più recente. Gli autori stimano che Bennu abbia un’età tra i 100 milioni e un miliardo di anni, quindi più vecchio di quanto previsto, e abbia avuto origine nella Cintura degli asteroidi.

A fine luglio 2020 OSIRIS-Rex si poserà sulla superficie di Bennu per prelevare dei campioni, e chissà quali e quante altre informazioni riuscirà a darci su questo piccolo grande oggetto celeste.