X
    Categories: cosmo

Dibattito sulla presenza di polvere sull’asteroide Ryugu

Prosegue l’analisi dei campioni di materiale provenienti dall’asteroide Ryugu.

Partita nel 2014, la missione Hayabusa 2 della Japan Aerospace Exploration Agency (JAXA) aveva raggiunto Ryugu nel 2018 con tre piccoli robot, un lander, uno spettrometro nel vicino infrarosso (NIRS3) e una telecamera di navigazione ottica (ONC). I campioni prelevati sono arrivati in Australia a fine 2020 all’interno di una piccola capsula rilasciata a una distanza ravvicinata dalla Terra dalla sonda madre, che poi ha proseguito il suo viaggio verso un altro asteroide.

I dati analizzati confermano la composizione carbonacea di questo asteroide antico quanto il nostro Sistema Solare, seppur Ryugu appaia tra i più giovani.

Tuttavia, ciò che ha aperto un nuovo dibattito tra gli studiosi è la presenza o meno di polvere.

«Le immagini di Ryugu mostrano una superficie a grana molto grossolana, simile a ciottoli su una spiaggia rocciosa» ha detto Deborah Domingue, del Planetary Science Institute in Arizona, che ha condotto uno studio pubblicato sul Planetary Science Journal insieme ai ricercatori Faith Vilas e Lucille Le Corre. «La nostra analisi spettrale mostra che c’è anche un componente a grana più fine, come la polvere», Queste osservazioni sono state registrate in un momento preciso della missione, quando Ryugu era in opposizione alla navicella spaziale e al Sole, per cui la superficie dell’asteroide era perfettamente illuminata per mostrare gli specifici effetti della polvere che interagisce con la luce. Eppure «Il lander Mobile Asteroid Surface Scout (MASCOT) non ha trovato alcuna evidenza di polvere».

«La superficie di Ryugu è complessa», ha concluso Domingue. «Ci sono variazioni e queste variazioni sono il risultato di interazioni non uniformi con l’ambiente spaziale, da impatti su micro e macro scala oltre all’alterazione che produce il Sole. La presenza della polvere, e la sua abbondanza, è oggetto di dibattito».

 

Immagine in apertura: Ryugu fotografato dall’ONC a un’altitudine di 64 metri il 21 settembre 2018. Crediti: JAXA, University of Tokyo, Kochi University, Rikkyo University, Nagoya University, Chiba Institute of Technology, Meiji University, Aizu University, AIST

Barbara Ranghelli: Giornalista scientifica. Da sempre attratta dal cielo, ho iniziato a indagarlo dall’età di 7 anni. Prima con mio zio dalla Sicilia, poi con la rivista “L‘Astronomia” fondata da Margherita Hack che raccontava le Costellazioni attraverso i Miti, infine con l’associazione astrofili “Altair” di Ostia, utilizzando il telescopio. Dopo una lunga parentesi nelle produzioni televisive broadcast, ho frequentato la Scuola di Giornalismo Lelio Basso di Roma e dal 2022 sono socia dell’Unione Giornalisti Scientifici Italiani.