Studiare le particelle emesse subito dopo il Big Bang è il modo migliore per comprendere come si sono formati i sistemi planetari simili al nostro. Questi corpuscoli sono visibili soltanto a lunghezze d’onda nel lontano infrarosso: frequenze che vengono completamente bloccate dall’atmosfera terrestre. Ecco perché il modo migliore per gettare uno sguardo alle origini dell’universo è inviare una sonda nello spazio profondo. Missioni che però richiedono tempi di progettazione e costi molto elevati.

Per questo un team di scienziati guidati dal Goddard Space Flight Center della Nasa sta lavorando a un’alternativa più economica, che si sta rivelando molto efficace: lo sviluppo un pallone stratosferico dotato di un particolare strumento chiamato Bobcat, in grado di ricreare le condizioni simili a un telescopio spaziale complesso.

Ma facciamo un passo indietro. I palloni stratosferici sono sonde a forma di mongolfiera in grado di portare a bordo strumenti tecnologici e di volare ad altitudini anche molto elevate. Questi oggetti, già usati con successo in meteorologia, possono raggiungere quasi i 40mila metri di altezza, viaggiando al di sopra del 99% dell’atmosfera. Il che permetterebbe, in linea di principio, di intercettare alcune delle particelle primordiali emesse dopo il Big Bang.  Questa operazione però non è ancora stata fatta a causa di un limite strutturale dei palloni stratosferici, ovvero la temperatura.

«Per sbirciare davvero nell’universo primordiale – commenta Alan Kogut, a capo del team del Goddard che sta lavorando al progetto – è necessario un grande telescopio raffreddato quasi allo zero assoluto, che voli sopra l’atmosfera terrestre. Per grande, intendo un telescopio a specchio delle dimensioni di un salotto. Ma come mai dev’essere così freddo? Perché il calore del telescopio può cancellare le immagini provenienti dallo spazio profondo, un po’ come avviene in una macchina fotografica sovraesposta. Per intercettare questi deboli segnali, il telescopio deve essere raffreddato fino a pochi gradi sopra lo zero assoluto. L’elio liquido può svolgere questo compito, ma per farlo dovremmo mettere l’intero telescopio in un gigante thermos chiamato dewar, che peserebbe diverse tonnellate: più di quanto siano in grado di trasportare anche i più grandi palloni stratosferici».

Ed è proprio qui che entra in gioco l’innovativa tecnologia che stanno mettendo a punto Kogut e colleghi. Gli scienziati hanno sviluppato nei laboratori del Goddard lo strumento Bobcat, da Balloon-Borne Cryogenic Telescope Testbed. Si tratta una specie di thermos ultraleggero, con pareti sottili quanto quelle di una lattina di soda e dotato di una speciale valvola per regolare la temperatura.

«Una volta superati i 39mila metri di altezza – spiega Kogut – la valvola si chiude per creare un adeguato spazio di vuoto, e raffredda il telescopio pompando azoto liquido o elio liquido nel dewar da serbatoi di stoccaggio separati. Questi serbatoi sono piccoli e non pesano molto. Ecco che abbiamo un telescopio freddo sopra l’atmosfera, in grado di intercettare i deboli segnali dell’universo distante».

Bobcat è già stato testato con successo in volo, come spiega un articolo appena pubblicato su Review of Scientific Instruments. Il prossimo passo sarà far partire un pallone stratosferico dotato del carico utile che trasporterà questo thermos ultraleggero, in grado di superare i limiti di peso e temperatura per gettare uno sguardo alle origini del cosmo.