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La storica Voyager 1, in viaggio dal 1977, continua a restare in contatto radio con i tecnici della Nasa. L’oggetto umano più distante dalla Terra (si trova a oltre 24,7 miliardi di chilometri da noi), ha infatti risposto a una chiamata fatta dal controllo terrestre proprio in questi giorni, anche se per farlo ha usato un trasmettore di riserva che non accendeva dal 1981.
Problemi nel comunicare con la Terra si erano presentati già nei mesi passati, poi la sonda era stata messa in stato d’ibernazione per ridurre al minimo possibile i consumi, dato che l’energia a disposizione è ormai veramente agli sgoccioli, fino al nuovo contatto di qualche giorno fa.
I tecnici le avevano chiesto di ‘svegliarsi’ per accendere uno dei sistemi di riscaldamento, senza però ottenere un messaggio di conferma. Comunicare con la Voyager 1 oggi significa inviare un segnale che viaggerà per ben 23 ore prima di raggiungere la sonda, aspettando poi altrettante ore per ricevere la risposta.
Per questa ragione, i tecnici non si sono accorti subito del problema, riuscendoci solo due giorni dopo aver atteso invano un segnale di vita dal robot e dopo una serie di accertamenti, in cui si è scoperto che la Voyager 1 aveva effettivamente ricevuto le loro istruzioni e aveva anche risposto, ma non nelle frequenze della ‘banda X’ da 8-12 Gigahertz, quella che viene solitamente usata.
La sonda, in totale autonomia e senza una ragione plausibile, aveva deciso di usare il trasmettitore secondario, che però lavora nella ‘banda S’ da 2-4 Gigahertz e non veniva acceso da quasi 43 anni.
Gli addetti del Dns (Deep Space Network), una rete globale di antenne giganti che la Nasa usa per comunicare con le sonde più lontane, sono riusciti alla fine a trovare il segnale dopo quasi una giornata spesa nel tentativo di comprendere il perché della mancata risposta.
Nel ricostruire gli eventi si è capito che, a seguito delle istruzioni inviate da Terra, sulla sonda doveva essersi attivato il sistema di protezione dai guasti, molto probabilmente con il fine di risparmiare più energia possibile. Il trasmettitore di backup ha un consumo di corrente elettrica inferiore a quello principale e per questo il robot lo ha preferito nel rispondere alla chiamata dalla Terra.
La banda S ha il problema di essere molto più debole di quella X, soprattutto se le comunicazioni avvengono tra antenne poste a distanze così enormi. La paura quindi era quella di non riuscire a riceverli, oppure ottenerli frammentati, perdendo per sempre il già fragile contatto e, di conseguenza, la sonda. Gli ingegneri del Dns però, dopo una lunga e complicata ricerca nelle bande di frequenza S, sono riusciti a rintracciare i dati spediti. Al di là di questo nuovo problema, la sonda sembra essere ancora in buono stato funzionale.
Guardando alle condizioni generali però, si tratta pur sempre di una macchina in attività da decenni e oggi parzialmente funzionante, si è deciso così di non tentare di forzarla per tornare a trasmettere nella banda X, almeno per ora. Le è stato inviato quindi soltanto un messaggio di conferma dell’avvenuta ricezione sulle frequenze ‘S’, una specie di ‘tutto ok’ come da protocollo.
Intanto proseguono le investigazioni per ricostruire fedelmente cosa possa essere successo. L’attivazione dell’allarme energetico e il conseguente cambio di strumento per le comunicazioni non sarebbero dovuti accadere perché la riserva energetica residua, seppure minima, è ampiamente sufficiente ad accendere e avviare un circuito di riscaldamento.
Se si troveranno delle soluzioni in grado di far tornare la sonda allo stato precedente all’allarme, allora si potrà spedire un set di istruzioni per tornare a comunicare con il trasmettitore principale, nella più solida e potente banda X.
La Voyager 1 e la gemella Voyager 2, sono le uniche due sonde robotiche ancora attive che si trovano nello Spazio interstellare ed è sbalorditivo come possano ancora essere operative e in contatto con noi dopo tutto questo tempo.
Lanciate più di 47 anni fa a distanza di 16 giorni l’una dall’altra, dopo un viaggio iniziale simile hanno intrapreso due rotte distinte e oggi sono entrambe oltre i confini del Sistema Solare.
Dato che si tratta di un viaggio verso zone in cui la luce è estremamente debole, sulle sonde non venne montato alcun pannello fotovoltaico. La corrente elettrica che le fa funzionare viene da una batteria ‘Rtg’, un generatore elettrico a radioisotopi che ormai è quasi esaurito. Con molta probabilità la Voyager 1 non avrà energia sufficiente per restare accesa e operativa oltre il 2025.
L’età avanzata ha anche comportato, specialmente negli ultimi anni, una serie di difficoltà . Problemi legati sia alla necessità di risparmiare più energia possibile, sia per contrastare i danni dell’inevitabile deterioramento. Le sonde viaggiano sotto il bombardamento costante dei raggi cosmici, particelle cariche che la colpiscono con velocità prossime a quella della luce e che le schermature riescono a bloccare solo in parte.
Ci sono stati già stati vari momenti di silenzio radio in passato, errori ai computer, ritardi e guasti, ma alla fine si è sempre trovata una soluzione per non interrompere questa storica missione esplorativa.
A dispetto dei problemi che si sono presentati nei decenni, comunque, la Voyager 1 ha continuato ad effettuare misurazioni scientifiche dei campi magnetici, delle onde di plasma e, come si è visto in questi giorni, continua a rispondere agli impulsi e riesce ancora a prendere decisioni in autonomia.
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Crediti Immagine: Nasa/Jpl-Caltech