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Angeli custodi ‘spaziali’ per gli impollinatori

Svolgono un ruolo di grande importanza negli ecosistemi e per l’agricoltura, dato che volando da un fiore all’altro garantiscono l’impollinazione: si tratta degli insetti impollinatori (o pronubi), in primis le api, che sempre più spesso sono in prima pagina per i pericoli che ne minacciano l’esistenza, mettendo anche a rischio il 75% delle colture alimentari a livello globale.

Non è un caso, quindi, che alle api sia dedicata una Giornata Mondiale (World Bee Day), istituita dall’Onu nel 2017 e fissata nella data del 20 maggio. E proprio oggi è stato pubblicato su Frontiers in Ecology and Evolution uno studio che evidenzia come le tecnologie spaziali possano essere proficuamente utilizzate per salvaguardare le api e gli altri impollinatori come, ad esempio, vespe, bombi, sirfidi, farfalle e alcuni tipi di coleotteri.

L’indagine, dal titolo “Remote Sensing of Floral Resources for Pollinators – New Horizons From Satellites to Drones”, è stata condotta da un team di scienziati dell’Università di Exeter ed esamina nuovi utilizzi per i dati raccolti dai satelliti che tengono d’occhio il nostro pianeta. Queste informazioni possono integrare efficacemente quelle ottenute da rilievi condotti in situ o con altri mezzi, come aerei e soprattutto droni, e possono essere combinate con dati comportamentali in modo da avere un quadro completo di come gli insetti vedono le aree in cui vivono.

Tra i dati satellitari presi in esame per lo studio figurano quelli prodotti dalle missioni Landsat e Sentinel. Landsat è un programma di osservazione della Terra che vede insieme la Nasa e l’agenzia governativa Usgs (United States Geological Survey) e che è attivo dal 1972, anno di lancio del Landsat 1. Sentinel, invece, è il significativo nome attributo ai satelliti in cui è articolato Copernicus, programma avviato nel 2014 e coordinato dalla Commissione Europea, che vede la collaborazione degli stati membri, dell’Esa, di altre agenzie dell’Unione Europea e di soggetti operanti nel campo del monitoraggio satellitare e ambientale.

Ma in che modo lo sguardo elettronico dei satelliti può aiutare le api e gli altri impollinatori? Gli autori del saggio ritengono che i loro dati relativi alla vegetazione possono essere impiegati per tracciare la disponibilità di fiori e, quindi, di cibo per questi preziosi insetti. La presenza di aree fiorite, infatti, è soggetta a variazioni di tempo e di luogo ed è anche condizionata dai cambiamenti che le attività umane producono negli ecosistemi. I satelliti hanno un campo visivo più esteso rispetto a quello di aerei e droni e quindi consentono di effettuare delle analisi del territorio a livello regionale; inoltre, in caso di programmi attivi da molti anni – come Landsat – permettono di disporre di ampi archivi di dati con cui studiare l’evoluzione della copertura vegetale nel tempo.

Tra l’altro, gli autori del paper evidenziano come questo tipo di utilizzo delle informazioni satellitari sia fortemente innovativo: finora, infatti, lo studio delle dinamiche delle piante da fiore tramite remote sensing era stato scarsamente trattato.

Una proficua integrazione tra informazioni satellitari, da drone e studi comportamentali consente di avere un quadro preciso delle situazioni pericolose per gli impollinatori (ad esempio, agricoltura intensiva, utilizzo dei pesticidi e perdita di biodiversità a causa dell’urbanizzazione) e di poter predisporre programmi di tutela ad hoc per diversi tipi di territorio.

Crediti immagine: Shutterstock 

 

Valeria Guarnieri: Nata in tempo utile per vivere sin dall'inizio il fenomeno Star Wars, lavora in ASI dal 2000 e dal 2011 si occupa di comunicazione web presso l'Unità Multimedia dell'ente. Dedica la maggior parte del tempo libero alla montagna, suo grande amore.