Siamo polvere di stelle – e non in senso poetico, ma letterale. La maggior parte degli elementi chimici, compresi quelli che compongono il nostro pianeta e noi stessi, provengono dalle fabbriche stellari dell’universo. Eppure le future generazioni di astri potrebbero ridurre notevolmente il loro contributo cosmico: in particolare limitando la produzione di metalli.
È quanto emerge da due studi pubblicati su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, che gettano una nuova luce sul legame tra evoluzione stellare e diffusione di alcuni elementi chimici nel cosmo. I due articoli (“The most metal-rich asymptotic giant branch stars” e “The most metal-rich stars in the universe: chemical contributions of low- and intermediate-mass asymptotic giant branch stars with metallicities within 0.04 ≤ Z ≤ 0.10”) sono firmati da tre ricercatrici di ASTRO 3D, centro di eccellenza australiano per l’astrofisica del cielo in tre dimensioni.
La complessa catena di eventi cosmici che ha portato dal Big Bang alla produzione dei primi elementi chimici è studiata da tempo in cosmologia. Ad esempio, sappiamo che i primi due elementi della tavola periodica, idrogeno ed elio, sono stati i primi a formarsi, costituendo il motore principale delle stelle primordiali. Nel tempo, le stelle nate dopo il Big Bang hanno iniziato a produrre elementi sempre più pesanti, che a loro volta hanno arricchito la composizione delle galassie.
Fenomeno che ha riguardato direttamente il nostro pianeta: circa la metà del carbonio e tutti gli elementi chimici più pesanti del ferro sono stati sintetizzati da stelle come il nostro Sole. Ad esempio, circa il 90% di tutto il piombo presente sulla Terra è stato prodotto da stelle di bassa massa.
Queste stelle di media grandezza in genere hanno già in sé gli elementi pesanti (avendoli acquisiti da esplosioni in supernova o altri eventi drammatici nel cosmo) e riescono a sintetizzarli prima di finire il loro ciclo evolutivo in nane bianche.
Secondo i nuovi studi, questo processo chimico potrebbe ridursi molto a causa della ‘pesantezza’ delle future generazioni stellari. Utilizzando modelli simulativi, le ricercatrici hanno infatti studiato la capacità delle stelle di produrre metalli a seconda della loro composizione. Tali modelli, che si sono concentrati su generazioni future di stelle di massa bassa e intermedia, mostrano che queste stelle non riusciranno a sprigionare gli elementi pesanti, che resteranno quindi intrappolati fino alla fine.
«Abbiamo scoperto che, a una certa soglia di contenuto iniziale di metallo nel gas stellare, nel corso della loro vita le stelle smettono di inviare altri metalli nell’Universo», spiega Giulia Cinquegrana, co-autrice di entrambi gli studi.
Sembra quasi un paradosso: stelle ‘troppo pesanti’ non sarebbero più in grado di produrre elementi pesanti. Eppure, mostra il modello simulativo australiano, le future generazioni di stelle saranno fino a sette volte più ricche di metallo rispetto alle stelle di ‘mezza età’ come il Sole. Questo corrisponderà a una maggiore difficoltà a sprigionare gli elementi pesanti alla fine del loro ciclo di vita.
«Le stelle molto ricche di metallo – spiega Cinquegrana – si espanderanno fino a diventare giganti rosse, e finiranno la loro vita come nane bianche. Ma a quel punto non potranno più espellere gli elementi pesanti, che rimarranno rinchiusi nei residui della nana bianca».
Questo possibile scenario futuro mostra una volta di più come l’universo sia in continua evoluzione. E un giorno la distribuzione degli elementi chimici potrebbe essere molto diversa da quella a cui siamo abituati.
Immagine in evidenza: Stelle al centro della Via Lattea con un alto contenuto di metalli pesanti. Crediti: Michael Franklin. Immagine in basso: La tavola periodica con l’indicazione sull’origine degli elementi. Crediti: Chiaki Kobayashi e Amanda Karakas, Artwork/Sahm Keily