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Artemis, Luna entro il 2024? Probabilmente no

Molti esperti del settore spaziale lo dicono da tempo, ma ora sembra ufficiale: la Nasa non riuscirà a portare il prossimo uomo e la prima donna sulla Luna entro il 2024. Troppi i ritardi accumulati, troppe le sfide tecniche ancora da raggiungere. Ad affermarlo è un report pubblicato il 10 agosto dall’Ispettorato Generale della Nasa (Oig), un organo messo in piedi per fornire auditing indipendente all’agenzia.

Secondo quanto si legge nel rapporto, la goccia che ha fatto traboccare il vaso dei ritardi collezionati negli ultimi mesi sarebbero le tute spaziali. Ovvero le cosiddette xEmu (da Exploration Extravehicular Mobility Unit), le eleganti spacesuit di ultima generazione che dovrebbero servire agli astronauti per svolgere attività extraveicolari sul nostro satellite. Il progetto di queste nuove tute era iniziato ben 14 anni fa. E nonostante un prototipo fosse pronto già dal 2019, le xEmu ad oggi non hanno ancora raggiunto gli standard di sicurezza necessari per essere utilizzate nello spazio.

«L’attuale programma della Nasa – afferma il report –  è quello di rendere le prime due xEMU pronte per il volo entro novembre 2024, ma questo obiettivo presenta troppe sfide. La tabella di marcia ha circa 20 mesi di ritardo per quanto riguarda il design, la verifica e il test delle tute lunari». Questi ritardi, che la commissione dell’Oig attribuisce alla riduzione di fondi, agli impatti della pandemia e alle sfide tecnologiche, lasciano pochi dubbi: «L’allunaggio entro la fine del 2024, a cui attualmente punta la Nasa, non è fattibile».

Una conclusione che, dicevamo, in realtà appare piuttosto annunciata. Ad aver puntato tutto sul ritorno sulla Luna era stata l’Amministrazione Trump, mentre Biden – seppur continuando ad appoggiare il programma Artemis – ha messo in chiaro fin da subito che le priorità scientifiche del suo governo sarebbero state la lotta alla pandemia e l’emergenza climatica. E così è stato.

Ma torniamo alle sfide più strettamente tecnologiche. La finalizzazione delle tute spaziali – che pure è un dettaglio fondamentale – non è certo l’unico ostacolo che separa la Nasa e i suoi partner internazionali (tra cui l’Italia) dall’allunaggio. È la stessa commissione Oig a elencare le altre cause: i ritardi nello sviluppo dello Space Launch System e di Orion, rispettivamente il sistema di lancio e la navicella che porteranno l’equipaggio dalla Terra verso il nostro satellite. E ancora i rallentamenti nello sviluppo dello Human Landing System, il veicolo di allunaggio. Ritardi in questo caso volta dovuti alla battaglia legale tra l’azienda vincitrice SpaceX e le sconfitte Blue Origin e Dynetics – situazione che ha congelato il contratto destinato a Elon Musk.

Lo scorso aprile infatti la Nasa ha annunciato di aver selezionato la Starship di SpaceX come unico veicolo destinato a trasportare gli astronauti sulla superficie lunare. Una scelta che ha sollevato le proteste delle altre due compagnie concorrenti, Blue Origin e Dynetics, dal momento che l’agenzia aveva inizialmente stabilito di voler sviluppare in parallelo due navette – e quindi assegnare due contratti. Una scelta poi cambiata all’ultimo a causa della riduzione del budget disponibile per la missione Artemis.

Blue Origin in particolare non ha accettato di essere messa da parte, e ha avviato un ricorso finito sui banchi del Senato – azione che aveva appunto congelato momentaneamente i fondi destinati a SpaceX. Poche settimane fa, Jeff Bezos (che nel frattempo ha guadagnato parecchia attenzione mediatica per il suo volo nello spazio) si è spinto addirittura a offrire alla Nasa uno sconto di oltre due miliardi di dollari in caso di assegnazione a Blue Origin di un nuovo contratto. Ma questa manovra dell’ultimo minuto non è servita, e pochi giorni fa il Government Accountability Office (Gao) statunitense ha respinto il ricorso presentato dall’azienda di Bezos. Il che ha sbloccato definitivamente i 2.9 miliardi di dollari destinati a SpaceX per la messa a punto del lander lunare.

Questi mesi di stop però non hanno giovato a una tabella di marcia già fin troppo stiracchiata. E quindi, conclude l’Ispettorato Generale della Nasa, l’obiettivo del 2024 diventa irraggiungibile. L’Oig non ha indicato una nuova data di lancio plausibile. Ma, tornando all’ago della bilancia nella valutazione, ovvero le tute spaziali, ha dichiarato che «non saranno pronte a volare fino ad aprile 2025, nella migliore delle ipotesi». Spetterà adesso alla Nasa fare le sue valutazioni e adattare i programmi in base alle indicazioni del rapporto Oig.

Certo, a meno di non ricevere un aiuto proprio dal settore privato su cui l’agenzia statunitense ha tanto investito negli ultimi anni. Senza andare troppo lontano, potrebbe essere la stessa SpaceX a giungere in soccorso della Nasa per stringere i tempi. Un amo che, com’è sua abitudine, Elon Musk ha lanciato via Twitter: «SpaceX potrebbe farlo se necessario», è stato il laconico messaggio scritto dal milionario in risposta a un tweet del giornalista della Cnbc Michael Sheetz, che riportava appunto il ritardo nello sviluppo delle tute spaziali XEmu. Sarà quindi SpaceX ancora una volta la longa manus della Nasa nella moderna corsa allo spazio? Staremo a vedere, ma al momento sembra che per assistere a un nuovo allunaggio in mondovisione dovremo attendere ancora un po’.

Giulia Bonelli: Giornalista scientifica