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Deep space: Sorvolando Marte

«Su Marte non ci sono strade o autostrade: è tutto da esplorare con un veicolo fuoristrada». A parlare è Paolo Bellutta, italiano da oltre vent’anni al Jpl in California. Lui conosce meglio di chiunque altro gli ostacoli del suolo marziano: di mestiere fa il pilota di rover, e nel 2018 è persino entrato nel Guinnes dei primati per aver guidato dal suo centro di controllo alla Nasa veicoli marziani per oltre 16 chilometri. All’epoca i fuoristrada di Bellutta erano Spirit, Oppurtunity e Curiosity. Adesso si è aggiunto Perseverance, rover di ultima generazione giunto il 18 febbraio su Marte, e i chilometri collezionati sono molti di più. Eppure, nonostante la tecnologia dei rover abbia fatto passi da gigante, le difficoltà di ieri restano quelle di oggi.

«Sono tutte le difficoltà di guidare un veicolo che pesa circa una tonnellata qui sulla Terra – spiega Bellutta. – L’autonomia a bordo al momento è ancora abbastanza limitata. Questi veicoli riescono solo a valutare il terreno in termini di ostacoli di tipo geometrico: ad esempio se ci sono rocce, avvallamenti, terreno troppo scosceso o troppo ruvido. Non possono fare un ragionamento sulla composizione del terreno. Quindi la grossa incognita per noi è proprio Marte, e i diversi tipi di terreni che possiamo incontrare nei vari posti dove sbarchiamo».

Da qui, la sfida: aggiungere la dimensione aerea, in modo da dare uno sguardo dall’alto su Marte a Bellutta e a tutti i suoi colleghi al Jpl. Come Stefano Cappucci, ingegnere aerospaziale, anche lui italiano alla Nasa. «Questa navigazione – dice –  viene effettuata andando a ricostruire una mappa del terreno circostante tramite le telecamere. Adesso la telecamera più elevata che abbiamo è quella che si trova in cima alla testa del rover: immaginando di avere un elicottero, si potrebbe estendere molto questa mappatura».

Far volare un elicottero sul pianeta rosso era un’impresa tecnologica senza precedenti. Ecco perché, nella pancia di Perseverance, il team di missione ha inviato sul mondo rosso anche Ingenuity, il primo elicottero marziano. Che aveva il solo, grande obiettivo di dimostrare la fattibilità tecnica di innalzare un velivolo su Marte per qualche metro e una manciata di secondi.

«A livello di navigazione – spiega Cappucci – quello che Ingenuity fa è scattare in sequenza diverse foto con la navigation camera. Facendo una mappatura del terreno sottostante riesce a capire in che direzione si sta muovendo e a che velocità. Ed è proprio quello che serviva per fare sì che noi potessimo dare una sequenza di comandi all’elicottero e aspettare che questa sequenza venisse eseguita completamente in autonomia. Noi con l’elicottero parliamo una volta al giorno per circa 10 minuti. E in quei 10 minuti andiamo a fare l’uplink delle sequenze che riguardano il volo, la comunicazione, le resistenze termiche. Nel momento in cui si apre il link della comunicazione scarichiamo i dati e facciamo anche l’uplink delle nuove sequenze. E poi il ciclo si ripete».

Per Ingenuity, l’agenzia statunitense ha scommesso su 5 voli in totale, con difficoltà progressivamente maggiori. Ma non è escluso che, con un pizzico di fortuna, si possa continuare, come spesso è accaduto nella storia delle missioni marziane targate Nasa.

«In base all’esperienza che hai accumulato durante la parte primaria della missione – racconta Bellutta – cerchi un po’ di andare oltre. E quindi di esplorare di più, fare di più. Con la consapevolezza ovviamente di rischiare di più: ma è una fase di esplorazione non solo dal punto di vista scientifico ma anche ingegneristico. Spingere queste macchine al di là di ciò per cui sono state progettate, non tanto per vedere quanto si rompono, ma anche per capire quanta capacità in più riescono a fornire rispetto alla parte base della missione. Questo fino adesso ci ha permesso di raggiungere traguardi non indifferenti».

Guardando ancora più lontano, i successori di Ingenuity potrebbero diventare un valido aiuto nell’esplorazione robotica di Marte.

«Per missioni future – dice Cappucci – si potranno avere diversi approcci che sfruttano questo tipo di tecnologia. Ad esempio si può avere un elicottero della stessa grandezza di Ingenuity accoppiato con un rover, in modo che questo vada ad aiutare la navigazione autonoma del rover – che potrebbe essere estesa di oltre 10 volte. Oppure si potrebbe avere addirittura una missione con un elicottero più grande che sarebbe una missione a sé. Parliamo di un elicottero nell’ordine di 30-35 chilogrammi, che sarebbe in grado di trasportare strumenti scientifici. Quindi non soltanto volare e fare foto, ma anche andare ad analizzare la superficie di Marte, con un’autonomia di volo più alta rispetto a quella di Ingenuity, che è di circa 90 secondi».

In attesa di sorvolare Marte anche con obiettivi scientifici, ci godiamo le prime foto a colori scattate dall’alto da Ingenuity. E, insieme a Perseverance, continuiamo a seguire le tappe di quella che ad oggi è la più rischiosa ma anche la più emozionante tra le missioni marziane.

«High risk high reward, come dicono qui. Alto rischio, alta ricompensa – conclude Stafano Cappucci. – Però sicuramente è stata un’esperienza fantastica».

Giulia Bonelli: Giornalista scientifica