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Resilience verso l’orbita bassa

È stata battezzata Resilienceresilienza – la navicella di SpaceX che ha restituito ufficialmente agli Stati Uniti l’indipendenza nel volo umano. La capsula Crew Dragon dell’azienda di Elon Musk è partita alla volta della Iss all’1.27 di notte italiane del 16 novembre (le 19.27 in Florida) dalla storica rampa di lancio 39/A dello Space Kennedy Center Nasa, la stessa da cui sono partite le missioni Apollo dirette sulla Luna.

Un’indipendenza ufficiale nel volo umano, dicevamo, perché gli Stati Uniti avevano già dimostrato la capacità di portare un equipaggio in orbita bassa con la missione di prova Demo-2, partita lo scorso 30 maggio e conclusa con successo il 2 agosto. Questa volta però l’azienda di Musk ha contribuito a una missione operativa a tutti gli effetti – la prima delle sei missioni con equipaggio del programma commerciale di Nasa e SpaceX. Una svolta epocale, che inaugura un nuovo taxi verso la Stazione spaziale internazionale oltre alla Soyuz russa.

Il primo equipaggio operativo di Nasa e SpaceX si chiama Crew-1, ed è composto da Michael Hopkins, Victor Glover e Shannon Walker della Nasa e da Soichi Noguchi della Jaxa. Gli astronauti giungeranno sulla casa spaziale quando in Italia saranno circa le 5 del mattino del 17 novembre, e la loro permanenza in orbita bassa sarà di sei mesi.

Nel frattempo, come ormai di consueto, SpaceX ha recuperato con successo il primo stadio del Falcon 9 che ha portato in orbita la navicella, circa 9 minuti dopo la partenza del veicolo. Un altro aspetto che rende i voli spaziali umani del futuro ancora più competitivi.

Giulia Bonelli: Giornalista scientifica