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Spazzini lunari cercasi

Grandi pulizie in vista sulla Luna. Il ritorno sul nostro satellite è il prossimo grande obiettivo delle agenzie spaziali, Nasa in testa, con la missione Artemis. E nel 2024, data prevista per il nuovo allunaggio dopo oltre cinquant’anni, gli astronauti potrebbero essere dotati di un singolare set per tirare a lucido la superficie lunare.

È il progetto di un team di ricerca guidato dall’Università del Colorado a Boulder, che sta lavorando niente meno che a un futuristico aspirapolvere lunare. Dotato di una tecnologia avanzata, in grado di pulire la Luna utilizzando un flusso di elettroni.

Ma perché darsi tanto pensiero per l’aspetto del nostro satellite? La risposta sta in una silenziosa nemica degli astronauti lunari, la polvere. Chi ha familiarità con le immagini meno note del programma Apollo ricorderà alcuni grossi inciampi dei primi esploratori lunari, che nel cadere sollevavano nubi polverose. Ecco, quei minuscoli granelli costituivano un bel problema, e non soltanto per la mobilità degli astronauti. «La polvere lunare si attacca a qualunque tipo di superficie – tute spaziali, pannelli solari, caschi – e rischia di danneggiare l’attrezzatura» spiega Xu Wang, parte del gruppo dell’Università del Colorado che sta lavorando al progetto dell’aspirapolvere a elettroni.

Una volta depositata, la famigerata lunar dust era poi molto difficile da mandare via. Diversi astronauti hanno raccontato di quanto la polvere resistesse anche alle più vigorose spazzolate.

Harrison “Jack” Schmitt, primo moonwalker scienziato e membro dell’Apollo 17, ultima missione lunare nel 1972, una volta tornato a Terra sviluppò addirittura una reazione allergica. Secondo lui la polvere lunare aveva l’odore della “polvere da sparo consumata”.

Questo materiale, chiamato dagli scienziati regolite, è stato recentemente studiato da vicino dal radar cinese a bordo del piccolo rover Yutu-2. Osservando per la prima volta il lato nascosto della Luna, il rover ha scoperto che i frammenti di regolite si fanno via via più spessi man mano che si scende sotto la superficie lunare – i dati radar raccolti in precedenza parlano di un’estensione della regolite fino a 12 metri circa di profondità.

Non dobbiamo quindi pensare al sottile strato che si accumula sui nostri mobili quando non spolveriamo da un po’. Essendo costantemente bombardata dalle radiazioni solari, la polvere lunare è elettricamente carica. Il che la rende estremamente granulosa e appiccicosa, ma anche frastagliata e abrasiva. In effetti, ricorda più schegge di vetro che granelli di polvere.

Secondo il nuovo progetto statunitense, i fasci di elettroni offrono una soluzione promettente al problema. L’idea è utilizzare la carica elettrica delle particelle di polvere come “arma” contro di loro. Gli elettroni aumentano infatti la carica negativa delle particelle di regolite, che iniziano così a respingersi tra loro. Qualcosa di simile a ciò che avviene se avviciniamo tra loro le estremità “sbagliate” di due magneti.

«C’è un punto in cui la carica diventa così grande – spiega Xu Wang – che i granelli di polvere iniziano a respingersi a vicenda, venendo spazzati via dalla superficie interessata». I risultati, pubblicati sulla rivista Acta Astronautica, affermano che questa tecnica sarebbe compatibile con le principali teorie sul comportamento della regolite lunare.

E un primo prototipo di aspirapolvere a elettroni è già stato testato in collaborazione con la Nasa, utilizzando un simulatore lunare sviluppato dall’agenzia statunitense. Qui gli scienziati hanno potuto osservare che lo strumento sembra funzionare su un gran numero di materiali, compresi quelli di cui sono fatte le tute spaziali. Il fascio di elettroni spazza via la polvere lunare nel giro di pochi minuti.

C’è ancora molto lavoro da fare prima di costruire un vero aspirapolvere spaziale da far arrivare sulla Luna insieme ai prossimi equipaggi. Ma Wang e colleghi già immaginano un tempo non troppo lontano in cui le future basi sulla Luna potrebbero essere dotate di apposite stanze dove pulire con la tecnologia a elettroni i vestiti degli astronauti – diventati a quel punto lavoratori dello spazio – dopo una giornata di intense attività lunari.

Giulia Bonelli: Giornalista scientifica