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    Categories: cosmo

Uno sguardo da vicino a Bennu

Ci sono volute ben 2155 immagini per realizzare il Bennu global mosaic, la mappa più dettagliata e ad alta risoluzione mai prodotta di un oggetto celeste, creata grazie la University of Arizona, alla guida del team scientifico.

Le immagini per realizzare questa mappatura così dettagliata dell’asteroide sono state prodotte grazie alla strumento PolyCam a bordo di Osiris-Rex. La sonda della Nasa, partita nel settembre del 2016, atterrerà sulla superficie di Bennu, per raccoglierne campioni, il prossimo ottobre. Lo strumento PolyCam ha raccolto ben 7 mila immagini e Carine Bennett, ingegnere senior del team di elaborazione delle immagini della missione, ne ha selezionate poco più di 2100. «Ho cercato immagini con la migliore geometria, ovvero l’angolazione migliore tra l’astronave e la parte dell’asteroide che stavamo mappando e l’angolazione migliore tra il sole e quell’area» ha spiegato la Bennet.

La sonda ha catturato le immagini, tra il  21 marzo e l’11 aprile 2019, da una distanza compresa fra i 3 e i 4 chilometri sopra la superficie di Bennu. Il mosaico è stato poi completato lo scorso febbraio.«Questa è la migliore scala spaziale mai realizzata per mappare per un oggetto planetario» ha affermato Danielle DellaGiustina principale scienziata del processo di elaborazione delle immagini di Osiris-Rex.

La mappatura in scala è poi stata utilizzata per individuare il sito dove verranno raccolti i campioni, Nightingale e il sito di backup, Osprey. Ogni passo della missione è stato fatto in stretta successione, non avendo determinato il sito dell’atterraggio prima della partenza della sonda.

Nel futuro sono previsti nuovi mosaici su porzioni più piccole dell’asteroide che avranno una risoluzione ancora più elevata e saranno utilizzati per la navigazione dei siti prescelti. Contestualmente è stato attivato un progetto che ha previsto la collaborazione del programma citizen scientist, che potranno mappare e misurare i massi di Bennu, contribuendo al censimento degli stessi. 

 

Francesca Cherubini: