Orbitano intorno a una stella ed è molto difficile osservarli direttamente con un telescopio. Gli esopianeti si tradiscono producendo effetti su velocità, posizione e luminosità della propria stella di riferimento, ed è tramite questi indizi che gli astronomi li scovano entro una regione di spazio estesa circa 300 anni luce intorno al Sistema solare. Ora, un team guidato da un ricercatore dell’Università di Ginevra, membro del NCCR PlanetS, ha messo a punto una tecnica innovativa che consentirà di rintracciare l’esopianeta rilevando la presenza di determinate molecole nella sua atmosfera. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Astronomy & Astrophysics.

“Se ci focalizziamo sulle molecole presenti sull’esopianeta, che sono al contempo assenti dalla sua stella, la nostra tecnica consente di “cancellare” la stella e di rendere visibile solo l’esopianeta”, spiega Jens Hoeijmakers, ricercatore del team presso il Dipartimento di Astronomia dell’Osservatorio dell’Università di Ginevra e membro del NCCR PlanetS. La grande luminosità delle stelle attorno a cui ruotano gli esopianeti impediscono una visibilità, tranne nei pochi casi di esopianeti lontani dalla stella ospite, individuati da strumenti come SPHERE, installato sul cileno Very Large Telescope.

Prima cavia, il pianeta gigante Beta Pictoris b, in orbita attorno alla giovane stella Beta Pictoris, a 63,4 anni luce dalla Terra. Usando le immagini di archivio del pianeta acquisite dallo spettrografo SINFONI, che sfrutta l’ottica adattiva, gli astronomi hanno individuato le correlazioni presenti tra lo spettro di luce contenuto in ciascun pixel dell’immagine con lo spettro di luce di determinate molecole, accertando la loro presenza nell’atmosfera del pianeta. Gli studiosi hanno così notato che Beta Pictoris b diveniva visibile quando ricercavano le molecole di acqua o di monossido di carbonio, presenti nell’atmosfera, e diveniva invisibile alla ricerca di metano ammoniaca, evidentemente assenti. Sullo sfondo, la stella Beta Pictoris, invisibile in tutte e quattro le rilevazioni: alle alte temperature della stella, nessuna delle quatto molecole resiste. “Questa tecnica ci aiuta anche a misurare la temperatura del pianeta” spiega Jens Hoeijmakers “per Beta Pictoris b si aggira intorno ai 1700 gradi, data la mancanza di metano e ammoniaca”. “Ma siamo solo all’inizio” aggiunge lo studioso “questa tecnica permetterà di caratterizzare in modo nuovo gli esopianeti, con risultati ancora più importanti quando saranno usati strumenti come ERIS sul Very Large Telescope in Cile o HARMONI su Extremely Large Telescope che sarà inaugurato in Cile nel 2025.