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    Categories: cosmo

Buchi neri distanti: come sono nati?

Onde gravitazionali generate dallo scontro di buchi neri

Il sensazionale scontro tra titani che ha coinvolto due buchi neri dando origine alle onde gravitazionali catturate da Ligo alla fine del 2015 è il fenomeno astrofisico più discusso degli ultimi tempi.

E dopo il bis ottenuto a giugno 2016 e la nuova conferma di pochi mesi fa, non c’è più alcun dubbio che a generare queste increspature in grado di perturbare la trama dello spazio-tempo siano stati due buchi neri, fusi fino diventare una cosa sola.

Nel caso più recente, la fusione ha portato a un mastodontico oggetto celeste dalla massa pari a 49 volte quella del Sole e situato a una distanza record, circa 3 miliardi di anni luce: il doppio rispetto a quella dei due precedenti segnali.

Questi dati hanno sollevato una domanda fondamentale, rimasta ancora senza risposta: come si formano i buchi neri al di fuori della nostra galassia, con il loro campo gravitazionale così irresistibile?

Ora un nuovo studio pubblicato su Nature cerca di restringere le possibilità in gioco, suggerendo due principali scenari di formazione.

Il punto di partenza del team di ricerca, guidato dall’Università di Birmingham, è che i buchi neri osservati nella Via Lattea sono caratterizzati da una rotazione molto rapida.

Lo stesso però non può dirsi con certezza dei buchi neri rilevati grazie alle onde gravitazionali: secondo gli scienziati, questi buchi neri distanti osservati attraverso la ‘lente gravitazionale’ sono diversi da quelli nella nostra galassia in due modi plausibili. Ed eccoci dunque alle due possibilità presentate dall’articolo, corrispondenti ai due scenari di formazione dei buchi neri.

La prima possibilità è che i buchi neri stiano ruotando lentamente: in questo caso, le stelle che hanno dato loro origine dovrebbero essere di natura diversa da quelle ‘nostrane’.

In base alla seconda ipotesi, invece, la rotazione dei buchi neri era inizialmente paragonabile a quella dei nostri black holes galattici, ma è stata in qualche modo ‘bloccata’ durante le prime fasi di formazione. Questo li avrebbe disallineati dalla loro orbita, e i buchi neri avrebbero subito dunque un’evoluzione molto più dinamica in un ambiente denso – simile a quello di un ammasso di stelle.

“Presentando questi due scenari possibili – dice Will Farr, prima firma dello studio – stiamo fornendo agli scienziati che studiano la formazione dei buchi neri un bersaglio specifico da colpire. Nel nostro campo, conoscere la giusta domanda da porsi è altrettanto importante che trovare la risposta.”

Giulia Bonelli: Giornalista scientifica