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Liti ‘di coppia’ cosmiche

(Credits: NASA/Chandra X-ray Observatory/University of Texas/2MASS/University of Massachusetts/Caltech/NSF

Anche nelle profondità dello spazio ci si può accapigliare. È quanto avvenuto ad una coppia di stelle, in cui l’irrequietezza di uno dei soggetti ha portato l’altro all’esasperazione, facendolo esplodere nel vero senso della parola: l’astro che ha avuto questo accesso d’ira è diventato una supernova, situata a circa 545 milioni di anni luce dalla Terra e classificata come Sn 2015cp. La maggior parte delle stelle raggiunge la condizione di supernova quando, con l’aumentare dell’età, arriva all’esaurimento del ‘carburante’ per i processi di fusione nucleare. Alcune, però, seguono un iter diverso ed esplodono a causa di compagni troppi vicini e molesti: è un genere di evento che si verifica nei sistemi binari, dove i due astri cercano di contendersi la positio princeps. L’identità della stella che cede le armi è facilmente individuabile per il materiale che ha emesso, mentre è molto più difficile tracciare il profilo della partner che ha scatenato il tutto.

Un team internazionale di scienziati, coordinato dal Dipartimento di Astronomia dell’Università di Washington, ha cercato di dare una risposta a questo interrogativo e ha identificato chi ha fatto saltare i nervi alla stella che è diventata la supernova Sn 2015cp. La scoperta è stata presentata al 233° convegno dell’American Astronomical Society, che si è concluso ieri a Seattle dopo un’intensa settimana di lavori. Lo studio, dal titolo “Delayed Circumstellar Interaction for Type Ia SN 2015cp Revealed by an HST Ultraviolet Imaging Survey”, sarà pubblicato su The Astrophysical Journal ed è intanto disponibile in preprint sulla piattaforma arxiv.org. Sn 2015cp deriva da una nana bianca costituita da carbonio e ossigeno, mentre la sua vicina dovrebbe essere una gigante rossa o simile che ha perduto grandi quantità di materiale prima che la nana giungesse al parossismo. Gli astronomi sono arrivati a queste conclusioni analizzando la composizione chimica di quanto emesso dalla stella molesta, che appare ricco di idrogeno.

I detriti derivanti dall’esplosione della supernova hanno colpito questi materiali, facendoli scintillare nell’ultravioletto e rendendoli così visibili allo sguardo di un team di telescopi: Hubble e Swift, dallo spazio, e da terra il Keck Observtory alle Hawaii, il Jansky Vla in Nuovo Messico e il Vlt dell’Eso in Cile. Le osservazioni sono state condotte circa due anni dopo l’esplosione e hanno messo in rilievo l’importanza di monitorarne l’effetto sui detriti. La scoperta fa parte di uno studio più ampio dedicato alle supernove di tipo Ia, che derivano appunto dall’esplosione di una nana bianca cimentata da una compagna invadente. Nella foto in alto, un esempio di Ia in uno scatto dell’osservatorio Chandra (Credits: Nasa/Chandra X-ray Observatory/University of Texas/2Mass/University of Massachusetts/Caltech/Nsf). Si tratta di una categoria di supernove ritenuta molto utile dagli astronomi perché dotata di una luminosità costante; le Ia, ad esempio, vengono impiegate per calcolare il tasso di espansione dell’Universo o per provare, in via indiretta, l’esistenza dell’energia oscura. Lo studio in questione è ancora in corso ed è centrato sui processi che portano alla formazione delle Ia e sull’identificazione di eventuali sottocategorie, un elemento non da poco dato il ruolo di queste supernove negli studi cosmologici.

Valeria Guarnieri: Nata in tempo utile per vivere sin dall'inizio il fenomeno Star Wars, lavora in ASI dal 2000 e dal 2011 si occupa di comunicazione web presso l'Unità Multimedia dell'ente. Dedica la maggior parte del tempo libero alla montagna, suo grande amore.