Nel vasto panorama dell’esplorazione spaziale, la missione giapponese Hayabusa2 si prepara a un’impresa di grande rilievo: l’incontro ravvicinato con l’asteroide 1998 KY26, un corpo celeste di appena 11 metri di diametro, che ruota su sé stesso ogni 5 minuti.
Le nuove osservazioni condotte con il Very Large Telescope (Vlt) dell’European Southern Observatory (Eso) hanno rivelato che questo piccolo oggetto è quasi tre volte più piccolo e due volte più veloce di quanto si pensasse. Dati precedenti indicavano che l’asteroide aveva un diametro di circa 30 metri e completava una rotazione in circa 10 minuti.
La missione Hayabusa2, lanciata nel 2014, ha già compiuto un’impresa storica: ha esplorato nel 2018 l’asteroide 162173 Ryugu, di 900 metri di diametro, riportandone campioni sulla Terra nel 2020. Con il carburante rimanente, la sonda è stata inviata in una missione estesa fino al 2031, quando incontrerà 1998 KY26, realizzando il primo contatto diretto con un asteroide così piccolo, un vero e proprio salto tecnologico e scientifico. Tutte le missioni precedenti hanno visitato corpi celesti con diametri di centinaia o addirittura migliaia di metri.
Le osservazioni effettuate da Terra hanno rivelato che l’asteroide ha una superficie brillante ed è probabilmente costituito da un solido pezzo di roccia, che potrebbe aver avuto origine da un frammento di un pianeta o di un altro asteroide. Tuttavia, il gruppo non ha potuto escludere completamente la possibilità che il piccolo corpo celeste sia costituito da cumuli di detriti debolmente legati tra loro.
Le dimensioni ridotte e la rotazione rapidissima dell’asteroide rendono la manovra di touchdown estremamente complessa. La sonda dovrà “baciare” la superficie dell’asteroide in condizioni dinamiche mai affrontate prima, il che rende la missione più interessante, ma anche più rischiosa e impegnativa.
Studiare un oggetto cosmico di dimensioni così ridotte offre opportunità uniche: KY26 potrebbe essere un frammento solido di roccia, oppure un ammasso di detriti tenuti insieme dalla gravità. In entrambi i casi, la sua analisi potrà fornire indizi preziosi non solo sulla formazione del Sistema Solare, ma anche sul tema, di stringente attualità, delle strategie di difesa planetaria.
Questa missione dimostra che è possibile caratterizzare asteroidi di dimensioni decametriche da Terra, aprendo la strada a nuove tecnologie per l’esplorazione, la mineralogia spaziale e la protezione del pianeta. Asteroidi come KY26, simili per dimensioni a quello che colpì Chelyabinsk, in Russia, nel 2013, sono, infatti, difficili da rilevare ma potenzialmente insidiosi.
«La cosa sorprendente è che le dimensioni dell’asteroide sono paragonabili a quelle della sonda che lo visiterà. E siamo stati in grado di caratterizzare un oggetto così piccolo usando i nostri telescopi, il che significa che potremo farlo anche per altri oggetti in futuro», afferma l’astronomo Toni Santana-Ros, ricercatore dell’Università di Alicante, in Spagna, che ha condotto uno studio su 1998 KY26 pubblicato oggi su Nature Communications. «I nostri metodi potrebbero avere un impatto sui piani per la futura esplorazione di asteroidi vicini alla Terra o persino per l’estrazione di minerali dagli asteroidi».
Hayabusa2 ci sta portando là dove nessuna sonda è mai arrivata: nel cuore degli asteroidi più piccoli e misteriosi. La sua missione su 1998 KY26 non è solo un’impresa tecnologica: è una sfida che unisce scienza, ingegneria e visione strategica, un laboratorio scientifico orbitante grazie al quale potremo migliorare i modelli di difesa planetaria, comprendere meglio la formazione del sistema solare e testare tecnologie per future missioni su asteroidi simili.
Asteroidi sotto controllo dalla Terra e dallo spazio. I programmi di difesa planetaria sono prioritari per le agenzie spaziali di tutto il mondo e vedono l’Italia, con l’Agenzia Spaziale Italiana, protagonista. Il nostro Paese ha partecipato al primo esperimento di deflessione orbitale degli asteroidi, con LiciaCube, cubesat che ha fatto parte integrante della missione Dart della Nasa. Inoltre, l’Italia partecipa alla missione Hera dell’Esa, che studierà l’impatto prodotto da Dart: a bordo della sonda Hera, infatti, sta viaggiando anche il cubesat Milani, finanziato dall’Asi e realizzato dall’azienda torinese Tyvak International con il supporto di università e istituti di ricerca italiani, finlandesi e della Repubblica Ceca.
A queste missioni si aggiunge la rete dei telescopi FlyEye, finanziati attraverso i fondi Pnrr dall’Asi e finalizzati al rilevamento precoce di oggetti potenzialmente rischiosi. L’Asi, inoltre, sostiene il Centro di Coordinamento Asteroidale (Neocc) presso il centro Esa/Esrin a Frascati, che monitora le orbite di asteroidi e comete nel Sistema Solare e valuta la minaccia rappresentata da eventuali rocce spaziali che si avvicinano alla Terra.
Immagine in alto: rappresentazione artistica della missione spaziale giapponese Hayabusa2 mentre tocca la superficie dell’asteroide 1998 KY26. Le nuove osservazioni con il Very Large Telescope (Vlt) dell’Eso hanno rivelato che 1998 KY26 è largo solo 11 metri, quasi tre volte più piccolo di quanto si pensasse, e ruota ogni 5 minuti, molto più velocemente del previsto. L’immagine mostra un confronto aggiornato tra le dimensioni dell’asteroide e della sonda. Crediti: Eso/M. Kornmesser. Asteroide: T. Santana-Ros et al. Modello Hayabusa2: SuperTKG (CC-BY-SA).