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Sguardi satellitari sulle onde fluviali

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Sono prodotte dalle precipitazioni o dallo scioglimento stagionale delle nevi, non hanno un ritmo costante e si estendono anche per centinaia di chilometri: sono le onde fluviali, flussi che rivestono un ruolo importante nella vita degli ecosistemi dei corsi d’acqua ma possono anche diventare causa di inondazioni. La loro natura ambivalente le rende un obiettivo meritevole di essere tenuto sotto controllo dallo spazio per comprenderne pienamente le dinamiche: il monitoraggio è stato effettuato con il satellite Swot (Surface Water and Ocean Topography), missione congiunta Nasa-Cnes (Centre National d’Etudes Spatiales) che ha preso il via il 16 dicembre 2022 a bordo di un Falcon 9. I risultati delle osservazioni sono stati illustrati in nuovo studio di Geophysical Research Letters, condotto da un gruppo di ricercatori del Virginia Tech e del Jet Propulsion Laboratory della Nasa.

L’obiettivo principale di Swot è la misurazione del livello dell’acqua presente sul nostro pianeta, anche per tenere sotto controllo i cambiamenti che si verificano nel corso del tempo. Il satellite, quindi, è impegnato nel monitoraggio delle acque dolci e salate della Terra, utilizzando in particolare KaRIn, il suo interferometro radar in banda Ka. Questo strumento mappa l’altitudine e l’estensione dei corpi idrici, riflettendo le microonde sulla superficie e poi calcolando il tempo impiegato dal segnale per tornare indietro.

Il satellite, già utilizzato proficuamente per mappare i fondali marini e rilevare i movimenti oceanici, si è dunque rivelato utile anche per controllare le onde fluviali. Gli autori dello studio, controllando i database di Swot, si sono resi conto che il satellite aveva osservato tre onde fluviali che hanno solcato altrettanti fiumi degli Stati Uniti (Yellowstone, Colorado e Ocmulgee); da questi dati sono riusciti a determinare le probabili cause dei flutti e le loro caratteristiche, quali l’aspetto, la velocità e i cambiamenti che intervengono mentre percorrono ampi tratti dei fiumi.

Ad esempio, l’onda che ha percorso il fiume Yellowstone (osservata nel 2023) presentava una cresta alta 2,8 metri, suddivisa in un picco lungo 11 chilometri e una coda ancora più estesa. Esaminando anche le immagini ottiche della zona acquisite dalla coppia di satelliti Sentinel-2 del programma europeo Copernicus, gli studiosi ritengono che la probabile origine della maxi onda sia la rottura di un accumulo di ghiaccio a monte. Il blocco, una volta spezzato, avrebbe poi fatto scorrere copiosamente l’acqua che si era raccolta alle sue spalle.

Comprendere al meglio i meccanismi sottesi a queste ondate – spiegano gli studiosi – può essere di grande aiuto per gestire le inondazioni e tutelare le infrastrutture che sorgono lungo i fiumi. Inoltre, i dati satellitari di Swot possono dare un fondamentale contributo sia nel colmare le lacune di osservazioni effettuate in loco, sia nel fornire informazioni di fondamentale importanza per aree fluviali che non sono presidiate da autorità di bacino.

In alto: il satellite Swot (Crediti: Cnes) 

Valeria Guarnieri: Nata in tempo utile per vivere sin dall'inizio il fenomeno Star Wars, è laureata in Lettere Moderne con lode all'Università di Roma "La Sapienza" e lavora in ASI dal 2000. Dal 2011 si occupa di comunicazione web e social presso l'Ufficio Comunicazione dell'ente. Dedica la maggior parte del tempo libero alla montagna, suo grande amore.