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La sonda della Nasa Europa Clipper prosegue la sua lunga e articolata crociera verso il sistema di Giove, che raggiungerà nel 2030 per osservare da breve distanza due delle lune medicee che orbitano attorno al gigante gassoso: Ganimede, la luna più grande del Sistema Solare, ma soprattutto Europa, il cui studio ravvicinato è l’obiettivo primario della missione.
Come previsto dal piano di volo, la sonda ha modificato lievemente la rotta il primo marzo scorso, sfruttando la distorsione del campo gravitazionale di Marte con un sorvolo ravvicinato a soli 884 chilometri dal pianeta.
La manovra, oltre a diminuire la velocità della sonda rispetto al Sole, è servita a puntarla verso il Sistema Solare interno, per incontrare la Terra nel dicembre 2026. Quella con il nostro pianeta sarà l’ultima fionda gravitazionale prevista e imposterà finalmente la rotta di Europa Clipper in direzione di Giove.
L’incontro con Marte ha offerto l’opportunità ai tecnici di calibrare al meglio gli strumenti di rilevamento termico della sonda, fondamentali per gli scopi della missione.
Europa Clipper, infatti, è stata spedita per carpire informazioni sull’oceano globale di acqua liquida che risiede sotto la superficie della luna Europa, e lo farà principalmente attraverso la lettura di tre bande spettrali nelle frequenze tra i 7 e i 70 μm.
La telecamera sensibile alla luce infrarossa di cui è dotata, chiamata E-Themis (Europa Thermal Imaging System) è stata accesa per 18 minuti durante il flyby con Marte, catturando un’immagine al secondo. Il migliaio circa di foto in scala di grigi ottenute sono state spedite al controllo missione proprio in questi giorni. Gli scatti sono stati incastrati tra loro come le tessere di un puzzle fino a formare un’unica, enorme, istantanea del calore irradiato da Marte. Poi gli studiosi hanno applicato i colori secondo la classica codifica: le zone più calde in rosso e quelle più fredde in blu.
Il composit di foto a infrarossi che Europa Clipper ha fatto a Marte. Le zone rosse hanno una temperatura di circa 0 °C; quelle viola, ai bordi, di circa -190 °C
(Crediti: Nasa/Jpl-Caltech/Asu)
L’impronta termica sarà fondamentale per l’esplorazione di Europa e gli obiettivi della missione. La mappa delle temperature è rivelatrice di quanto attiva sia la superficie e di quanto calore viene disperso. Le zone ghiacciate più calde, ad esempio, emettono più radiazione, fattore che indica un’attività recente (Europa mostra indizi dell’esistenza di una tettonica a placche).
Gli scienziati confidano che la lettura delle frequenze infrarosse potrà anche indicarci quant’è distante dalla superficie l’oceano sotterraneo che avvolge interamente il corpo celeste. Si dovrebbe trovare molto vicino, a giudicare dall’enorme quantità di fratture e faglie visibili sulla superficie, che si formerebbero proprio a causa delle continue pressioni generate dai moti convettivi dell’oceano.
Se Europa è veramente attivo come sembra, sospetta il dottor Phil Christiansen, scienziato dell’Università di Stato dell’Arizona e primo ricercatore addetto alla fotocamera E-Themis, le fratture superficiali dovrebbero mostrare una temperatura superiore a quella del ghiaccio circostante, suggerendo una distanza minima tra la crosta e l’oceano.
Secondo lo scienziato, inoltre, anche le zone interessate da fenomeni eruttivi, dove cioè l’acqua è riuscita a sgorgare in superficie, dovrebbero avere temperature relativamente più alte, persino quelle in cui la fuoriuscita è avvenuta migliaia di anni fa.
Le finalità della missione Europa Clipper mirano a misurare innanzitutto lo spessore reale del ghiaccio superficiale, al momento stimato tra i 19 e i 25 chilometri. Determinato ciò, si proseguirà cercando di comprendere che genere d’interazioni esistano tra questo imponente guscio di permafrost e l’immenso oceano sottostante, una massa liquida che corrisponde al doppio o forse al triplo dell’acqua totale presente sulla Terra, con uno spessore che potrebbe raggiungere i cento chilometri.
Le implicazioni di queste scoperte non riguardano soltanto la Geologia, o gli studi sulle dinamiche che plasmano l’evoluzione del Sistema Solare, ma interessano anche gli astrobiologi: l’esistenza di un vasto oceano di acqua liquida salata, forse dotato di sorgenti termali nei fondali e di molecole organiche portate da comete e asterodi, rappresenta un modello basilare di ambiente favorevole alla comparsa della vita, almeno per come la conosciamo.
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Immagine di apertura: una ricostruzione artistica che mostra il passaggio ravvicinato di Europa Clipper con Marte
Crediti: NASA/JPL-Caltech