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Un colosso primordiale

An international team of astronomers using the VIMOS instrument of ESO’s Very Large Telescope have uncovered a colossal structure in the early Universe. This galaxy proto-supercluster — which they nickname Hyperion — was unveiled by new measurements and a complex examination of archive data. This is the largest and most massive structure yet found at such a remote time and distance — merely 2 billion years after the Big Bang. This visualization shows Hyperion and is based on real data.

inafUn ‘peso massimo’ impegnato a giocare a nascondino nelle pieghe dell’Universo remoto, ma ‘tanato’ dagli strumenti del telescopio Vlt dell’Eso. L’entità extra large in questione è un super cluster galattico primordiale, emerso dal suo buen retiro grazie ad una serie di nuove misurazioni e ad una complessa analisi di dati d’archivio. Il gigantesco proto-super-ammasso è protagonista di uno studio in pubblicazione su Astronomy & Astrophysics (articolo: “The progeny of a Cosmic Titan: a massive multi-component proto-supercluster in formation at z=2.45 in Vuds”); la ricerca, condotta da un team internazionale di astronomi, ha visto il coinvolgimento di esperti dell’Inaf di Bologna e di Milano e dell’Università di Padova; il gruppo è stato coordinato da Olga Cucciati dell’Inaf di Bologna.

Il super cluster, ribattezzato Hyperion, si trova nel campo della mappatura Cosmos relativo alla costellazione del Sestante, e la sua collocazione temporale è di appena 2,3 miliardi di anni dopo il Big Bang: è un vero unicum, in quanto si tratta della struttura più grande e massiccia mai individuata prima d’ora in una posizione così remota. La sua massa è superiore a quella del Sole di un milione di miliardi di volte ed è simile ad altre vaste strutture osservate nell’Universo odierno; la peculiarità che ha stupito gli astronomi, quindi, è costituita dalla collocazione temporale. Per far venire allo scoperto Hyperion, il gruppo di lavoro si è servito dello spettrografo Vimos (VIsible Multi-Object Spectrograph), installato sul telescopio Vlt ed è stato proprio il valore elevato del red shift (spostamento verso il rosso) a rivelare la presenza del colosso. Strutture così grandi, in genere, hanno un red shift basso, indicativo del fatto che sono più recenti e che l’Universo ha avuto più tempo per dare il via alla loro formazione ed evoluzione. Per completare l’identikit di Hyperion, il team ha analizzato a fondo i dati della mappatura Vimos Ultra-deep Survey, focalizzata sulle galassie dell’antico Universo.

Gli astronomi hanno quindi constatato che il gigantesco e remoto cluster ha una struttura molto complessa: sono state notate almeno 7 regioni ad alta densità, collegate fra loro da filamenti di galassie. I suoi ‘colleghi’ prossimi alla Terra, invece, presentano una differente distribuzione della massa e strutture interne più definite; questa differenza è riconducibile al fatto che la forza di gravità nei super cluster più vicini ha avuto miliardi di anni per ‘lavorare’ sulla materia. Gli studiosi pensano che Hyperion possa evolversi in qualcosa di simile alle immense strutture situate nell’Universo locale, come quelle che compongono lo Sloan Great Wall oppure il supercluster della Vergine, di cui fa parte la Via Lattea. Lo studio di realtà come Hyperion, anche in paragone ai suoi simili più recenti, secondo gli autori della ricerca, è di fondamentale importanza per comprendere i meccanismi di sviluppo ed evoluzione dei super cluster e più in generale dell’Universo.

Immagine: Il proto-super ammasso Hyperion (Credits: ESO/L. Calçada & Olga Cucciati et al.) 

Valeria Guarnieri: Nata in tempo utile per vivere sin dall'inizio il fenomeno Star Wars, lavora in ASI dal 2000 e dal 2011 si occupa di comunicazione web presso l'Unità Multimedia dell'ente. Dedica la maggior parte del tempo libero alla montagna, suo grande amore.