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Un polverone cosmico

Uno ‘scontro di titani’ che ha prodotto una gigantesca nube di polveri: è quanto avvenuto in un lontano passato nel sistema di Hd 166191 – una stella dell’età di 10 milioni di anni – dove si sono verificate collisioni tra oggetti celesti. Le conseguenze ‘polverose’ di tali fenomeni sono ritenute utili dagli scienziati per comprendere come si formano ed evolvono i sistemi planetari.

Lo ‘sguardo’ elettronico che ha colto quanto avvenuto in Hd 166191 è stato quello di , il telescopio spaziale della Nasa progettato per svolgere osservazioni nell’infrarosso. Spitzer, attivo per quasi 17 anni, si sta godendo la meritata ‘pensione’ dal 30 gennaio 2020, ma i suoi dati forniscono ancora dettagli di grande rilievo e sono alla base di un recente studio di The Astrophysical Journal, dedicato appunto a Hd 166191 (articolo: “A Star-sized Impact-produced Dust Clump in the Terrestrial Zone of the Hd 166191 System”). L’indagine è stata svolta da un team di scienziati statunitensi, coordinato dall’Università dell’Arizona.

Gli scontri fra corpi celesti non sono una novità nei sistemi planetari: i corpi rocciosi – sia pianeti che satelliti – del Sistema Solare hanno conosciuto questa fase violenta nella loro evoluzione. Scontrandosi, i corpi rocciosi possono accumulare nuovo materiale e quindi crescere oppure possono frammentarsi in entità più piccole. Gli autori del saggio, scandagliando i dati di Spitzer, hanno individuato una nube di detriti derivante da uno di questi urti nel momento in cui è passata di fronte alla stella Hd 166191, oscurandone brevemente la luce. Conoscendo le dimensioni e il livello di brillantezza dell’astro, gli studiosi sono stati in grado di determinare l’ampiezza della nube, la massa degli oggetti che hanno fatto il ‘botto’ e la velocità con cui la nuvola si è successivamente dispersa.

I dati di Spitzer presi in considerazione per lo studio risalgono ad un arco di tempo compreso tra 2015 e 2019; particolarmente significativi quelli del 2018, in cui è stato individuato il transito della nube di detriti davanti alla stella. Combinando le osservazioni di Spitzer con quelle di telescopi di terra, è emerso che la nuvola aveva una forma estremamente allungata; inoltre, solo una sua piccola porzione sarebbe passata davanti alla stella, mentre il resto si sarebbe esteso su un’area centinaia di volte più ampia rispetto a quella dell’astro.

Secondo gli astronomi, per produrre un ‘polverone’ così intenso, i protagonisti delle collisioni avrebbero avuto le dimensioni di pianeti nani come, ad esempio, Vesta nel Sistema Solare (diametro pari a 530 chilometri). Nei mesi successivi agli scontri, la nube sarebbe cresciuta e divenuta più traslucida: questo comportamento sarebbe indicativo di una dispersione delle polveri e dei detriti attraverso il giovane sistema stellare. A partire dal 2019, la nuvola non risultava più visibile, ma il sistema presentava il doppio della quantità di polveri che aveva quando Spitzer aveva puntato i suoi ‘occhi’ sulla nube. Questo elemento, secondo gli autori del saggio, può essere di grande aiuto per approfondire gli studi sulla formazione e sulla crescita dei pianeti di tipo terrestre.

In alto: elaborazione artistica della nube osservata da Spitzer (Crediti: Nasa/Jpl-Caltech). 

Valeria Guarnieri: Nata in tempo utile per vivere sin dall'inizio il fenomeno Star Wars, è laureata in Lettere Moderne all'Università di Roma "La Sapienza" e lavora in ASI dal 2000. Dal 2011 si occupa di comunicazione web e social presso l'Ufficio Comunicazione dell'ente. Dedica la maggior parte del tempo libero alla montagna, suo grande amore.