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    Categories: lanciatori

Dalle auto elettriche un carburante green per lo spazio

The Orbital Sciences Corporation Antares rocket is seen as it launches from Pad-0A of the Mid-Atlantic Regional Spaceport (MARS) at the NASA Wallops Flight Facility in Virginia, Sunday, April 21, 2013. The test launch marked the first flight of Antares and the first rocket launch from Pad-0A. The Antares rocket delivered the equivalent mass of a spacecraft, a so-called mass simulated payload, into Earth's orbit. Photo Credit: (NASA/Bill Ingalls)

Una ricerca dell’Università della California ha sviluppato un metodo per ottenere un carburante green per il volo spaziale. Questo nuovo combustibile non a base di carbonio consiste nel borano di ammoniaca, una sostanza chimica presente nelle batterie delle auto elettriche.
Il nuovo propellente pulito per razzi e satelliti, oltre alla riduzione delle emissioni, garantirebbe diversi vantaggi tra cui un risparmio economico, data la maggior energia sprigionata, e condizioni più accessibili per il suo stoccaggio.

Lo studio, pubblicato su Journal of Physical Chemistry C, suggerisce un metodo per ottenere come mai prima la massima energia dalla sua combustione, e poter quindi utilizzare il borano di ammoniaca anche nel settore spaziale.

Il borano di ammoniaca è un potenziale carburante verde la cui combustione rilascia composti non inquinanti come ossido di boro e acqua. Rispetto ai carburanti idrocarburici, rilascia inoltre più energia, con un potenziale risparmio economico in quanto per alimentare uno stesso volo ne serve meno.
Eppure la sostanza è stata sfruttata fino a oggi principalmente per aumentare la capacità di immagazzinamento dell’idrogeno nelle batterie dei veicoli elettrici.

Tra i motivi, una natura intrinseca del composto che ostacola il suo utilizzo in quanto combustibile: chimicamente, il borano di ammoniaca è, infatti, caratterizzato da meccanismi di decomposizione e ossidazione che non permettono il rilascio di tutta la sua energia potenziale nella reazione di combustione.
Questo comporta la necessità di catalizzatori e ossidanti per fornire ossigeno extra a questo specifico carburante, condizione che lo ha escluso in quanto propellente perlomeno per lo spazio, ma solo finora.

La ricerca dell’Università della California ha, infatti, escogitato una soluzione: «siamo stati in grado di creare una combustione più completa delle sostanze chimiche e aumentare l’energia dell’intera reazione utilizzando la chimica dell’ossidante stesso, senza bisogno di un catalizzatore» afferma Pankaj Ghildiyal, coautore dello studio.

Garantendo ora l’estrazione del contenuto energetico totale, i ricercatori sottolineano gli ulteriori aspetti positivi del nuovo combustile rispetto ai tradizionali propellenti spaziali a base di idrocarburi.
Questi ultimi, infatti, richiedono uno stoccaggio a temperature inferiori al congelamento.
«La Nasa ha usato l’idrogeno liquido, che ha una densità molto bassa – afferma Ghildiyal –  richiede quindi molto spazio e condizioni criogeniche per la manutenzione».
Il nuovo combustibile, invece, risulta stabile a temperatura ambiente ed è resistente al calore elevato.

«Abbiamo determinato la chimica fondamentale che alimenta questa combinazione di carburante e ossidante – afferma Prithwish Biswas, ingegnere chimico dell’Università della California e primo autore dello studio – Ora non vediamo l’ora di vedere come si comporta su larga scala».

Immagine: Un razzo lanciato dal Mid-Atlantic Regional Spaceport (Mars) presso la Nasa Wallops Flight Facility in Virginia, nel 2013. (Crediti: Nasa/Bill Ingalls)

Giuseppe Nucera: Comunicatore scientifico e Multimedia producer. Laureato in Sociologia, ho conseguito il Master in Comunicazione della Scienza e dell'Innovazione Sostenibile dell'Università Milano-Bicocca. Dal 2012 collaboro con diverse agenzie editoriali e pubbliche per comunicare online ricerche e progetti scientifici.