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Don’t panic and look up!

Per chi si occupa di monitoraggio degli impatti cosmici e ha passato gli anni a centellinare le parole ogni volta che un asteroide si avvicinava alla Terra per evitare di essere accusato di seminare il panico, la visione di Don’t Look Up, con tutto quell’affannarsi a tentare proprio di seminare il panico, è liberatoria. Ma la catarsi è di breve durata perché chi si occupa di monitoraggio degli impatti non può non notare subito che dal punto di vista tecnico le cose non andrebbero così.

Certo, diversamente da altri astropanettoni, qui l’astronomia è usata solo come metafora di “pericolo imminente e evidente”, ma approfittiamone allora per fare il punto della situazione. Oggi esistono reti di telescopi che pattugliano ogni notte il cielo per individuare i cosiddetti NEO (Near-Earth Objects): asteroidi e comete potenzialmente a rischio di collisione con il nostro pianeta. È un processo altamente automatizzato e anche se a dire l’ultima parola sono gli occhi esperti degli astronomi, una cometa così grande difficilmente sarebbe stata scoperta in maniera casuale. Ma ammettiamo anche che sia sfuggita alle maglie sempre più strette della “Difesa Planetaria”. Il processo che da una scoperta porta al calcolo dell’orbita e poi alla previsione di un eventuale impatto non è lasciato al singolo né a formule scritte nervosamente sulla lavagna. L’Unione Astronomica Internazionale dà mandato al “Minor Planet Centre” (Boston, Massachussets), di raccogliere le osservazioni dei NEO e di determinarne le orbite.

Tocca poi ai centri gestiti dalla NASA (al JPL in California) e dall’ESA (presso l’ESRIN di Frascati, voluto fortemente dall’ASI) calcolare le traiettorie future e le probabilità di impatto. Si tratta di un processo iterativo, fatto di nuove osservazioni, aggiornamenti orbitali e controlli incrociati, che non dura certo lo spazio di una notte, soprattutto se si vuole raggiungere la precisione del 100% incautamente sbandierata nel film. Ad ogni nuova osservazione i calcoli si fanno più accurati e se i numeri dovessero diventare preoccupanti non è con un paio di rocambolesche telefonate che si arriva al presidente USA.

L’Ufficio dell’ONU per gli Affari Spaziali (UNOOSA) ha istituito i comitati IAWN (International Asteroid Warning Network) e SMPAG (Space Mission Planning Advisory Group), cui anche l’ASI partecipa attivamente, per studiare gli scenari di impatto e le tecniche di mitigazione, pronti a diventare operativi alla bisogna.

Possiamo quindi stare tranquilli? La risposta, anche a costo di seminare il panico, è “NO”. Perché l’unica cosa azzeccata del film è la scelta della “minaccia”. Per quanto si tratti di un evento a bassissima probabilità, l’apparizione di un cometone da 10 km proveniente dallo spazio profondo che viaggia a tutta birra verso la Terra e sul quale l’efficacia delle nostre tecnologie spaziali è ancora tutta da provare, rimane l’incubo di chi si occupa di impatti cosmici. Occhi puntati al cielo quindi, quando a settembre 2022 la sonda americana DART, con a bordo LICIAcube dell’ASI, effettuerà finalmente il primo esperimento di deflessione asteroidale così da valutarne l’efficacia. Giusto in caso di panico.

Ettore Perozzi – Unità Ricerca Spaziale del Direttorato Scienza e Ricerca di ASI, planetologo, scrittore e divulgatore

Ettore Perozzi: