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La Vigilia del Webb

Ultimo giorno dell’Avvento qui sulla Terra per il James Webb Space Telescope, il cui lancio è atteso per il giorno di Natale alle 13:20 italiane. O almeno così spera l’intera comunità astronomica internazionale, seguendo con il fiato sospeso il meteo di Kourou. Sono state infatti le condizioni climatiche avverse in Guyana Francese le responsabili dell’ennesimo posticipo del liftoff.

Rinviato più e più volte per diversi problemi tecnici, il Webb doveva partire il giorno della Vigilia, ma il maltempo e i venti ad alta quota hanno fatto slittare il lancio di altre 24 ore.

E così, oltre trent’anni dopo quella prima proposta di costruire un successore di Hubble, il telescopio spaziale più potente mai realizzato potrebbe cominciare il suo viaggio il giorno di Natale. Una data che si sposerebbe bene con tutte le aspettative che circondano il Webb.

«La missione James Webb Space Telescope è stata fortemente travagliata, – commenta l’astrofisica Barbara Negri, responsabile dell’Unità Volo Umano e Sperimentazione Scientifica dell’Agenzia Spaziale Italiana – se pensiamo che è stata concepita nel 1989, un anno prima che volasse Hubble Space telescope. Ma la tecnologia era talmente spinta e i costi talmente alti che ci sono voluti molti più anni del previsto. Finalmente è ora tutto sotto controllo».

Frutto della collaborazione tra le agenzie spaziali statunitense, europea e canadese, il Webb verrà portato nello spazio da un razzo Ariane 5 dalla base Esa di Kourou. Giungerà dove nessun telescopio è mai arrivato, nel cosiddetto punto lagrangiano L2 a circa un milione e mezzo di chilometri dal nostro pianeta. Questo pone al tempo stesso possibilità osservative e sfide tecnologiche senza precedenti.

«È un telescopio anastigmatico: con i suoi tre specchi ricurvi ha la possibilità di eliminare i tre ‘errori’ principali dell’osservazione astronomica, ovvero l’aberrazione sferica, il cromatismo e l’astigmatismo stesso. Quindi da un punto di vista tecnologico è più affidabile, ma è una grande impresa la sua apertura. Se pensiamo che è un telescopio di 6 metri e mezzo, già abbiamo un’idea della difficoltà. Lo specchio primario, che è il più complesso, è formato da 18 segmenti di specchi esagonali, che dovranno essere dispiegati in 3 sezioni. Quindi la prima fase della missione è tutta un’incognita, e ci vorranno sei mesi perché il Webb sia in condizione di operare», spiega Barbara Negri.

Ma, se tutto andrà come previsto, questa missione potrebbe completamente rivoluzionare l’astronomia a infrarossi.

«Si potrà andare indietro nel tempo alle prime fasi del Big Bang – conclude l’astrofisica – e quindi studiare in maniera molto più approfondita la struttura dell’universo, la prima luce, la formazione delle prime galassie, la nascita di stelle e pianeti. E poi c’è l’importante campo scientifico aggiunto più recentemente, ovvero la ricerca di condizioni di vita su pianeti che orbitano intorno ad altre stelle, gli esopianeti. In particolare, la ricerca di biofirme: elementi chimici come l’ozono e il metano. Con queste premesse, siamo sicuri che James Webb aprirà frontiere scientifiche nuove».

Non resta dunque che attendere, sperando che il pranzo di Natale sia davvero coronato dal lancio del telescopio spaziale più atteso di tutti i tempi.

Giulia Bonelli: Giornalista scientifica