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Einstein vince la sfida con la doppia pulsar

Crediti: Michael Kramer/MPIfR

Ad oltre un secolo dalla pubblicazione della teoria della relatività generale di Albert Einstein, gli scienziati di tutto il mondo proseguono nei loro sforzi per trovarne eventuali punti deboli.  Un team internazionale composto da ricercatori di dieci Paesi ha provato a mettere in crisi la teoria di Einstein utilizzando un sistema stellare unico formato da due “radio pulsar”.

Questo sistema, noto come “doppia pulsar”, è finora un unicum nel mondo della ricerca. Fu l’astrofisica Marta Burgay, a scoprirlo nell’ormai lontano 2003 in occasione di alcune osservazioni con il telescopio di Parkes in Australia. Burgay, ricercatrice presso l’Istituto Nazionale di Astrofisica a Cagliari, continua a fare parte del team. «È stata una scoperta che da subito prometteva molto – dichiara – e che continua a produrre scienza di primaria importanza. Le due pulsar orbitano l’una intorno all’altra in soli 147 minuti con velocità di circa 1 milione di chilometri orari. Una ruota molto velocemente, circa 44 volte al secondo, mentre la compagna, più giovane, ha un periodo di rotazione di 2,8 secondi. Il loro movimento reciproco costituisce un insostituibile laboratorio di gravità. È una grande soddisfazione pensare che, da quasi 20 anni, la doppia pulsar sia ancora in prima linea per interrogare Einstein e vedere che la sua teoria risponde sempre alla grande».

Il coordinatore del team internazionale di ricerca, Michael Kramer del Max Planck Institute for Radio Astronomy (MPIfR) di Bonn, spiega che la doppia pulsar «è un laboratorio senza rivali per testare le teorie della gravità in presenza di campi gravitazionali forti. Con nostra grande gioia abbiamo potuto testare una pietra angolare della teoria di Einstein, l’energia emessa sotto forma di emissione di onde gravitazionali, con una precisione 25 volte migliore rispetto alla pulsar di Hulse e Taylor (che permise loro di vincere il premio Nobel nel 1993) e mille volte meglio di quanto fatto finora dai rivelatori di onde gravitazionali».

I sette telescopi usati per l’osservazione della doppia pulsar PSR J0737-3039. In senso orario a partire dall’alto a sinistra: Effelsberg (Germania), Nançay (NRT, Francia), Westerbork Synthesis (WSRT, Paesi Bassi), Parkes (Australia), Jodrell Bank (UK), Very Long Baseline Array (VLBA, U.S.), Green Bank (GBT, U.S.). Crediti: Norbert Junkes/MPIfR (Effelsberg), Letourneur and Nançay Observatory (NRT), ASTRON (WSRT), ATNF/CSIRO (Parkes), Anthony Holloway (Jodrell Bank), NRAO/AUI/NSF (VLBA), NSF/AUI/Green Bank Observatory (GBT)

Grazie a questo nuovo studio alcuni degli effetti conseguenti la teoria di Einstein sono stati osservati per la prima volta in assoluto. Ingrid Stairs dell’Università della British Columbia a Vancouver ne dà un esempio: «Abbiamo visto che le onde radio emesse da una delle due pulsar non solo vengono ritardate a causa della forte curvatura dello spaziotempo attorno alla compagna, ma anche che vengono deflesse di un piccolo angolo di 0,04 gradi. Mai prima d’ora un simile esperimento era stato condotto in presenza di una curvatura dello spaziotempo così elevata».

Dick Manchester del CSIRO (Australia) aggiunge: «Un movimento orbitale così rapido di oggetti compatti come questi – sono circa il 30% più massicci del Sole, ma con un diametro solo di circa 24 km – ci consente di testare molte previsioni della relatività generale – ben sette in totale! Oltre alle onde gravitazionali e alla propagazione della luce, la nostra precisione ci consente anche di misurare l’effetto della dilatazione del tempo che fa rallentare gli orologi nei campi gravitazionali. Dobbiamo anche prendere in considerazione la famosa equazione di Einstein E = mc2 quando si considerano gli effetti sul moto orbitale dovuti all’energia elettromagnetica emessa dalla pulsar in più rapida rotazione. L’energia associata a questa radiazione corrisponde a una perdita di massa di 8 milioni di tonnellate al secondo! Anche se sembra molto, è solo una piccola frazione – 3 parti su mille miliardi di miliardi – della massa della pulsar».

I ricercatori hanno anche misurato – con una precisione di una parte su un milione – che l’orbita cambia orientamento, un effetto relativistico già ben noto nell’orbita di Mercurio, ma qui 140 mila volte più forte. Si sono resi conto che a questo livello di precisione va anche considerato l’impatto della rotazione della pulsar sullo spaziotempo circostante, che viene “trascinato” con la pulsar rotante.

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