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Inaspettata culla stellare al cuore della Via Lattea

Scoprire una culla stellare laddove si pensava di trovare solo un deposito cosmico di polveri e gas. È quanto accaduto a un team di ricerca guidato dall’Università di Colonia, che ha utilizzato i potenti occhi del Very Large Telescope (Vlt) dell’Eso per dare uno sguardo verso il centro della Via Lattea. Qui gli scienziati hanno osservato ciò che era stato in passato catalogato come una nube di gas: in realtà, questa coperta di polvere nascondeva tre giovanissime stelle. Il che fa pensare di aver scovato una preziosa nursery stellare proprio vicino al centro della nostra galassia.

I risultati, pubblicati su The Astrophysical Journal, suggeriscono che le nuove stelline scovate nel cuore della Via Lattea abbiano iniziato a formarsi meno di 1 milione di anni fa – pochissimo, in termini astronomici. Basti pensare che il nostro Sole ha quasi 5 miliardi di anni.

Il nuovo studio getta una luce inaspettata sulla struttura gassosa che occupa il centro galattico, osservata per la prima volta nel 2011. Secondo gli scienziati questa nube di gas, chiamata G2, avrebbe dovuto interagire con il più temibile inquilino della Via Lattea: Il buco nero supermassiccio Sagittarius A*. Ma nei dati disponibili non vi era traccia di questa interazione.

Un altro enigma riguardava la temperatura di G2, che era quasi il doppio di quella delle fonti di polvere circostanti. Il nuovo studio sembra risolvere almeno quest’ultimo mistero.

«I nostri risultati – spiega Florian Peißker, leader dello studio – mostrano che G2 è in realtà composto da tre stelle individuali. Abbiamo avuto l’opportunità di osservare il centro della nostra galassia diverse volte con il Very Large Telescope, coprendo un periodo che va dal 2005 al 2019. Ed è la prima volta che troviamo stelle così giovani intorno a Sagittarius A*».

Resta da capire come si siano formate queste stelle dalla posizione così unica. «L’ambiente ad alta intensità di radiazioni di un buco nero supermassiccio non è necessariamente il posto migliore per produrre stelle giovani – conclude Peißker – ma i nuovi risultati forniscono intuizioni uniche su come funzionano i buchi neri. Possiamo usare l’ambiente di SgrA* come modello per imparare di più sull’evoluzione e sui processi di altre galassie in angoli completamente diversi del nostro Universo».

Giulia Bonelli: Giornalista scientifica