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Distruggere un asteroide vicino la Terra è efficace

Fare esplodere un asteroide per salvare la Terra non è solo una scena da film, ma in alcune circostanze potrà essere una concreta opzione di difesa planetaria, con efficacia pari quasi al 100%. Anche pochi mesi prima dell’impatto previsto.
Questo è il risultato di uno studio guidato dalla Johns Hopkins University che ha simulato la distruzione nucleare di un asteroide impattante la Terra, analizzando il rischio che i frammenti generati colpiscano il nostro Pianeta.

Pubblicato su Acta Astronautica, lo studio ha simulato la distruzione di un asteroide di 100 metri di diametro, circa un quinto le dimensioni di Bennu, facendolo esplodere con un dispositivo dalla potenza di 1 megatone collocato a pochi metri dalla superficie del corpo minaccioso.

Simulando 5 diverse orbite, per ipotetici asteroidi impattanti la Terra entro due mesi, la ricerca ha mostrato che a seguito della distruzione del corpo minaccioso il 99,9% della massa dei frammenti mancherebbe il nostro Pianeta.

«Una delle sfide nella valutazione della distruzione è che bisogna modellare tutte le orbite dei frammenti, il che è generalmente molto più complicato che modellare una semplice deflessione; – ha detto Patrick King, fisico della Johns Hopkins University e autore principale dello studio – tuttavia, dobbiamo cercare di affrontare queste sfide se vogliamo valutare la distruzione come una possibile strategia».

Grazie a un software realizzato ad hoc, chiamato Spheral, i ricercatori hanno prima modellato l’esplosione nucleare, poi studiato il destino della nuvola di frammenti generata. La dispersione dei diversi frantumi, infatti, dipende dall’interazione che i frammenti subiscono tra di loro e dalla influenza gravitazionale del Sole e dei diversi pianeti.

«Questa è una questione orbitale complicata: la nuvola dei frantumi tenderà ad allungarsi in un flusso curvo di frammenti intorno al percorso originale dell’asteroide, – continua Patrick King – la velocità con cui questi pezzi si spargono, combinata con il tempo che intercorre prima che la nube attraversi il percorso della Terra, ci dice quanti colpiranno il nostro Pianeta».

Il lavoro è una base fondamentale per concrete strategie di distruzioni future, tecnica risultata nello studio adottabile nel caso in cui fallissero altri metodi preventivi che richiedono lunghi tempi di preavviso, come quella della deflessione.
Questa specifica strategia mira alla spinta di un asteroide tramite impattatore cinetico ed è finalizzata a un cambiamento relativamente piccolo di velocità e traiettoria.

La missione Dart di Nasa, il cui lancio è previsto per fine novembre, sarà la prima dimostrazione di deflessione di un asteroide in assoluto. Dart si schianterà dopo un anno contro Dimorphos, il più piccolo asteroide di un sistema binario. L’impatto dovrà modificare l’orbita con cui questo gira attorno a Didymos, il principale dei due. L’evento sarà registrato da LiciaCube, il piccolo CubeSat tutto italiano trasportato da Dart per fornire le prime prove sull’efficacia della deflessione come strategia di difesa.

L’Italia è in prima linea anche per la scansione degli asteroidi imminenti, ovvero quelli così piccoli da non essere osservabili fino a quando non giungono vicino alla Terra. Il progetto Flyeye di Esa, la rete di telescopi che monitorerà costantemente il cielo alla ricerca di minacce in avvicinamento, si basa infatti su una tecnologia made-in-Italy. Non solo, il primo telescopio Flyeye ora in via di completamento, dopo una fase di test e validazione presso il Centro di Geodesia Spaziale ASI di Matera, verrà installato a 1865 metri di altezza in cima al Monte Mufara in Sicilia.

Crediti immagine in evidenza: Peter Carril/ESA

 

Giuseppe Nucera: Comunicatore scientifico e Multimedia producer. Laureato in Sociologia, ho conseguito il Master in Comunicazione della Scienza e dell'Innovazione Sostenibile dell'Università Milano-Bicocca. Dal 2012 collaboro con diverse agenzie editoriali e pubbliche per comunicare online ricerche e progetti scientifici.