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Biden, la scienza e il futuro dell’esplorazione spaziale

Il 20 gennaio, quando in America mancavano pochi minuti a mezzogiorno, in una Washington blindata dopo l’assalto al Congresso dello scorso 6 gennaio, Joe Biden è diventato il 46esimo Presidente degli Stati Uniti. L’insediamento di Biden e della sua vice Kamala Harris, accolto con favore dai principali leader dell’Unione Europea, sarà ricordato come il più tumultuoso della storia recente della politica a stelle e strisce. A pochi giorni dalla conclusione del suo mandato, il Presidente uscente Donald Trump è stato sottoposto per la seconda volta a impeachment dalla Camera dei Deputati per incitazione all’insurrezione. E poco prima del giuramento di Biden e Harris l’Fbi è stata allertata rispetto a un possibile attacco, che per fortuna non si è poi verificato, da parte di un movimento della destra estremista.

 

Ma se il passaggio tra Trump e Biden è stato così conflittuale, lo stesso non è avvenuto in una delle principali agenzie indipendenti degli Stati Uniti: alla Nasa, Jim Bridenstine ha rassegnato le dimissioni dalla carica di Amministratore auspicando un clima di collaborazione.

Nominato a capo dell’agenzia spaziale statunitense nel settembre 2017 da Trump, Bridenstine aveva già annunciato la decisione di lasciare la carica all’indomani della vittoria di Biden lo scorso novembre. Motivando la sua posizione con il fatto che la Nasa avrebbe avuto bisogno di «qualcuno con una relazione più stretta con il nuovo Presidente».

Tuttavia, nel confermare ieri le sue dimissioni, l’ex amministratore ha fatto un appello all’unità all’interno dell’agenzia – la stessa unità invocata da Biden a livello nazionale nel suo primo discorso. In un video di saluto diffuso su Twitter, Bridenstine ha anche offerto massimo supporto al nuovo team, per una transizione il più possibile serena in nome di un’esplorazione spaziale che «dovrebbe eliminare le divisioni e ottenere un consenso bipartisan e apolitico».

Con l’uscita di Bridenstine, l’Amministratore associato Steve Jurczyk prenderà la leadership della Nasa, in attesa che l’Amministrazione Biden nomini (e il Senato confermi) il successore ufficiale. Alcuni possibili candidati erano emersi poco dopo le elezioni, prevalentemente donne. Si è parlato ad esempio della ex astronauta Pamela Melroy, della ex responsabile dell’Aerospace Corporation statunitense Wanda Austin e di Kendra Horn, membro della Camera dei Rappresentanti fino a poche settimane fa.

Al momento il neo inquilino della Casa Bianca non ha ancora fatto sapere per quando sarà prevista la nomina dell’Amministratore Nasa. Ha però annunciato, lo scorso 15 gennaio, la costituzione di un team scientifico che lo affiancherà nella lotta alla pandemia e nella definizione della futura agenda scientifica del governo. A tal proposito, la novità principale è la nomina del matematico e genetista Eric Lander a capo dell’Office of Science and Technology Policy: lo scienziato sarà parte della ristretta cerchia di consiglieri di gabinetto del Presidente, un fatto senza precedenti nella storia degli Stati Uniti.

«Biden ha messo insieme un team diversificato di brillanti scienziati, e sta elevando il ruolo della scienza» ha scritto Lander su Twitter.

E c’è molta scienza già nel primo giorno di operato del neo Presidente. Durante quello che alcuni hanno chiamato il ‘Day One blitz’, Biden ha firmato 17 azioni esecutive che riguardano prima di tutto la gestione della pandemia e il clima. Proprio l’emergenza sanitaria ha infatti acceso i riflettori sull’emergenza climatica (ne avevamo parlato qui), e l’Amministrazione Biden-Harris sembra intenzionata a prendere la cosa molto sul serio. Entro la fine del mese, ci sarà il ritorno degli Stati Uniti nell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e negli Accordi di Parigi sul clima, da cui Trump era uscito.

Tornando alla Nasa, questa nuova attenzione ai cambiamenti climatici e alla scienza in generale potrebbe in parte anche modificare le priorità dell’esplorazione spaziale. Sembra ragionevole aspettarsi nuovi investimenti nei programmi di osservazione della Terra. A tal proposito, nel Manifesto 2020 del Partito Democratico si parla di un «rafforzamento delle missioni della Nasa e della National Oceanic and Atmospheric Administration per comprendere meglio come il clima stia cambiando e come questo impatti il nostro pianeta».

Lo stesso vale per le missioni scientifiche e per la presenza statunitense sulla Iss: «Crediamo nello spirito di scoperta che ha animato l’esplorazione spaziale della Nasa, così come nella sua ricerca medica e scientifica, nell’innovazione tecnologica e nelle missioni che ci permettono ci conoscere meglio il nostro posto nell’universo. Rafforzeremo la presenza degli Stati Uniti nello spazio attraverso la nostra continua presenza sulla Stazione spaziale internazionale, lavorando in partnership con la comunità internazionale per continuare l’innovazione medica e scientifica».

Il grande punto di domanda resta la Luna. Durante l’Amministrazione Trump, il ritorno sul nostro satellite in vista della conquista di Marte era diventato una priorità, con il 2024 come traguardo per la prossima missione lunare. Gli Artemis Accords firmati lo scorso ottobre con i paesi partner, tra cui l’Italia, sono stati proprio l’ultimo scatto voluto da Bridenstine per assicurare gli sforzi di cooperazione internazionale avviati dalla Nasa.

Biden non si è mai esplicitamente opposto a questo piano, anzi nel suo programma si nomina anche il «supporto al lavoro della Nasa per riportare gli americani sulla Luna e raggiungere Marte». Ma manca del tutto un riferimento temporale, e nel mondo spaziale molti pensano che l’obiettivo del 2024, già piuttosto ambizioso, sia ora del tutto irraggiungibile. La pensa così, secondo quanto riportato da SpaceNews, anche Gwynne Shotwell, presidente e responsabile esecutiva di SpaceX – ad oggi l’azienda che costituisce la principale alleata degli Usa in materia di volo umano.

Una possibilità è il ritorno verso il traguardo cui stava puntando la Nasa fino a quattro anni fa, ovvero l’assemblaggio in orbita cislunare del Lunar Gateway, seguito dallo sbarco sulla Luna del primo equipaggio intorno al 2028. I prossimi mesi, così come la nomina del nuovo Amministratore Nasa, saranno essenziali per definire l’agenda spaziale statunitense. Per adesso quel che sembra certo, a un giorno dall’inizio del mandato Biden-Harris, è che la scienza tornerà a essere protagonista nei tavoli della politica.

 

Foto: Tom Brenner, Reuters/Contrasto

Giulia Bonelli: Giornalista scientifica