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    Categories: cosmo

L’insolito comportamento dei giovani pianeti giganti

Come mai le strutture a spirale non vengono osservate nei giovani dischi protoplanetari? Secondo uno studio condotto dall’Università di Warwick, i pianeti giganti  – nati agli albori del loro sistema stellare –  potrebbero aiutare gli scienziati a rispondere a questa domanda. La ricerca, pubblicata su The Astrophysical Journal Letters, suggerisce persino che gli scienziati potrebbero dover rivalutare i tempi di formazione dei pianeti, durante il ciclo vitale dei dischi protoplanetari.

I dischi protoplanetari sono vere e proprie nursery e ospitano il materiale che contribuisce allo sviluppo dei pianeti. Quando questi dischi sono giovani formano strutture a spirale: in questo modo, la polvere e gli altri elementi vengono trascinati per via dell’effetto gravitazionale dovuto alla rotazione; un effetto simile si verifica anche a livello galattico nelle galassie come la nostra Via Lattea. 

Nel corso di tre-dieci milioni di anni, il materiale proveniente dal disco si combina per formare i pianeti, cade dentro la stella madre o semplicemente viene disperso nello spazio, a causa dei potenti venti stellari. Quando un disco è giovane, il materiale al suo interno forma una struttura a spirale che viene eliminata quando quest’ultimo diventa gravitazionalmente stabile. I giovani pianeti, che si sviluppano in seguito, consumano e disperdono il materiale e il disco assume le caratteristiche che gli astronomi osservano nella maggior parte dei casi.

I ricercatori, invece, hanno trovato difficoltà nel corso delle analisi di alcuni giovani dischi protoplanetari, che non mostrano segni di bracci a spirale, ma presentano le caratteristiche di un disco molto più vecchio con una struttura ad anello. Per fornire una spiegazione a questo fenomeno, gli scienziati hanno condotto delle simulazioni al computer sulle interazioni tra pianeti giganti, situati proprio nei dischi più recenti. 

Secondo le simulazioni, un pianeta gigante  – con una massa pari a tre volte quella di Giove e che migra dalle regioni esterne del disco verso la sua stella – causerebbe delle perturbazioni in grado di spazzare via la struttura a spirale del disco stesso. Tuttavia, per poter essere presenti nella fase a spirale del disco, quei pianeti dovrebbero formarsi più rapidamente del previsto e, nello specifico, all’inizio del ciclo di vita del disco.

«Indipendentemente dal meccanismo di formazione di tali pianeti – commenta Farzana Meru dell’Università di Warwick – dobbiamo considerare che questi ultimi possano formarsi più velocemente di quanto ipotizzato finora. Abbiamo queste incredibili immagini di dischi protoplanetari e la loro struttura è davvero interessante da  studiare. Negli ultimi anni i telescopi sono diventati molto potenti e siamo in grado di vedere caratteristiche come spazi vuoti e anelli. Con le simulazioni al computer come la nostra, possiamo provare a capire se alcuni dei processi, ad esempio la migrazione dei pianeti nei giovani dischi, possano portare al tipo di immagini che gli osservatori stanno vedendo. Ciò è possibile grazie alla combinazione di potenti telescopi e supercomputer». 

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Fulvia Croci: Giornalista pubblicista, dopo la laurea in Relazioni Internazionali si avvicina al mondo della comunicazione scientifica. Nel corso degli anni ha trattato una vasta gamma di temi legati all'esplorazione spaziale, alla ricerca e alle attività dell’Agenzia Spaziale Italiana.