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Mondi abitabili? Un equilibrio ‘radioattivo’

Nella caccia di pianeti potenzialmente abitabili, il più delle volte si sente parlare della ricerca dei ‘mattoni’ della vita come ossigeno, idrogeno e azoto. Eppure esistono molti altri indici per rilevare la capacità di un esopianeta di ospitare forme viventi.

Ora un team interdisciplinare di ricerca guidato dall’Università di Santa Cruz ha scoperto che un fattore cruciale per determinare la futura abitabilità planetaria può essere la quantità di elementi radioattivi intrappolati negli esomondi. Questo vale in particolare per i pianeti rocciosi, che contengono un gran numero di metalli.

Secondo lo studio, pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, il riscaldamento interno dovuto al decadimento radioattivo degli elementi pesanti come il torio e l’uranio può contribuire alla generazione di un campo magnetico. Fenomeno che, come dimostra il campo magnetico terrestre, è essenziale per proteggere il pianeta dai raggi cosmici dannosi e favorire così la nascita della vita.

«Abbiamo capito che diversi pianeti accumulano quantità diverse di questi elementi radioattivi – spiega Francis Nimmo, prima firma dello studio – che alla fine alimentano l’attività geologica e il campo magnetico. Abbiamo quindi preso un modello della Terra, aumentando e diminuendo la quantità di produzione interna di calore radiogeno per osservare cosa succedeva».

I risultati offrono una sorta di ‘indicatore magnetico’, che può rilevare se un pianeta roccioso sia in grado o meno di generare un campo magnetico a partire dai suoi elementi radioattivi. In particolare, se il riscaldamento radiogeno è superiore a quello della Terra, il pianeta non può sostenere in modo permanente una dinamo in grado di generare un campo magnetico, come ha invece fatto il nostro pianeta. Questo accade perché la maggior parte del torio e dell’uranio finisce nel mantello, che agisce da vero e proprio isolante: il nucleo fuso non è così in grado di assorbire calore abbastanza velocemente da generare i moti convettivi che producono il campo magnetico.

Non solo. Con una quantità molto elevata di elementi radioattivi, il pianeta potrebbe anche presentare un’attività vulcanica talmente intensa da essere incompatibile con la vita.

Ma anche gli esopianeti con un riscaldamento radiogeno troppo basso possono essere altrettanto inospitali. Un limitato calore radioattivo provoca infatti l’assenza di vulcanismo e un pianeta ‘geologicamente morto’.

«Semplicemente cambiando questa variabile – commenta Nimmo – si spazia attraverso scenari molto diversi tra loro. Ecco perché questi risultati giustificano studi più dettagliati sul ruolo degli elementi radioattivi nell’abitabilità planetaria». Le simulazioni sviluppate da Nimmo e colleghi sulla base del modello terrestre potrebbero infatti essere arricchite con maggiori parametri, considerando anche indicatori magnetici diversi da quello del nostro pianeta. In questo modo, si potrà includere l’equilibrio radioattivo dei pianeti rocciosi tra le condizioni favorevoli alla nascita di nuove forme di vita.

Giulia Bonelli: Giornalista scientifica