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Vita su Venere? Il parere degli esperti

E se i primi “alieni” confermati nell’universo si trovassero non solo nel Sistema solare, ma addirittura nel pianeta accanto al nostro?  Parliamo di microbi extraterrestri, che potrebbero trovarsi nell’atmosfera di Venere, a una distanza media di soli 170 milioni di chilometri da noi. La notizia di possibili forme di vita su Venere ha fatto ieri il giro del web. A partire dalle pagine di Nature Astronomy, dove un team internazionale coordinato dall’Università di Cardiff ha pubblicato i risultati di una ricerca che individua per la prima volta tracce di fosfina nell’atmosfera venusiana.  Si tratta di una molecola composta da tre atomi d’idrogeno e uno di fosforo, che potrebbe avere un’origine biologica. Ed essere quindi la firma della presenza di microrganismi sul nostro vicino planetario.

Ma cosa ne pensa la comunità scientifica? Su un fatto sono (quasi) tutti d’accordo: la fosfina, formula chimica PH3, è una molecola estremamente interessante e inaspettata da trovare su Venere. Non è una molecola “famosa”, e non l’abbiamo mai sentita tra il pool di candidati a “mattoni della vita” dell’universo. Eppure, per dirla con le parole dell’astrofisica Jane Greaves che ha coordinato il nuovo studio, trovare tracce di fosfina nell’atmosfera di Venere «è stato un vero colpo».

Perché? «Questa molecola – spiega John Robert Brucato, esobiologo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica – ha una sua valenza nella ricerca della vita nello spazio: potrebbe infatti essere l’“impronta digitale” della presenza di qualche microrganismo che in atmosfera venusiana produce la fosfina come scarto».

Eppure, come spesso avviene di fronte ai grandi balzi della scienza, la prudenza non è mai troppa. E parlare di alieni su Venere, seppure microscopici, è decisamente prematuro. Per adesso, i fatti dicono che la fosfina c’è: un dato che già da solo è scientificamente molto rilevante. L’impronta su Venere di questa molecola, detta anche fosfuro di idrogeno, è stata scovata per la prima volta dal James Clerk Maxwell Telescope alle Hawaii, e confermata successivamente da 45 antenne di Alma, l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array in Cile.

Entrambi gli strumenti hanno osservato Venere a una lunghezza d’onda di circa 1 millimetro – una precisione raggiungibile solo dai più sofisticati telescopi. Il gruppo di ricerca, che comprende scienziati da Regno Unito, Giappone e Stati Uniti, analizzando i dati ha trovato una piccola concentrazione di fosfina nelle nubi di Venere. Stiamo parlando di circa una ventina di molecole per ogni miliardo: una quantità comunque sufficiente a ipotizzare un’origine biologica.

Sulla Terra, la fosfina è prodotta sotto forma di gas soltanto in due modi. Il primo è quello industriale, utilizzato ad esempio per la fabbricazione di spray anti insetti. Il secondo è un processo biologico: sul nostro pianeta, la fosfina può infatti essere sintetizzata da batteri che prosperano in ambienti privi di ossigeno.

«Nell’atmosfera terrestre – continua Brucato – la fosfina è tutta prodotta da microrganismi che utilizzano i minerali fosfati e la producono attraverso processi di ossidoriduzione. Questa molecola su Venere dovrebbe degradarsi e sparire velocemente a causa delle condizioni estreme presenti sul pianeta, come una pressione atmosferica molto alta e temperature di oltre 450 gradi in prossimità del suolo. Il fatto di averla trovata suggerisce che ci possa essere una produzione continua di fosfina».

Qualsiasi microorganismo su Venere sarà quindi probabilmente molto diverso dai cugini terrestri, ma non è escluso che la fosfina sul nostro vicino planetario venga prodotta secondo processi simili. La rilevazione della fosfina potrebbe così indicare la presenza di una vita “aerea” extraterrestre.

E qui subentra il condizionale, che per quanto ne sappiamo è ancora d’obbligo. «Dire che c’è vita su Venere è azzardato –  commenta Claudia Pacelli, astrobiologa dell’Agenzia spaziale italiana. – La fosfina può essere formata anche da reazioni chimiche, derivanti quindi da processi non biologici. Un’ipotesi che per altro non escludono neppure gli stessi autori dello studio».

In effetti il team di ricerca a guida britannica è andato con i piedi di piombo. Nello studio ha analizzato, e per adesso escluso, tre possibili origini non biologiche della fosfina: luce solare, fulmini o attività geologiche come i vulcani. Nessuno di questi fenomeni sembra in grado di produrre quantità di fosfina in linea con quelle osservate. Ma esiste ancora la possibilità che il gas sia originato da altri processi di natura inorganica ancora sconosciuti.

Si legge nelle conclusioni dell’articolo su Nature Astronomy: «Se nessun processo chimico può spiegare la presenza di fosfina nell’atmosfera superiore di Venere, allora la fosfina deve essere prodotta da un processo prima considerato implausibile per le condizioni venusiane. Il che potrebbe comprendere una geochimica o protochimica ancora sconosciute o, forse, la presenza di vita».

Ecco che l’ipotesi di vita su Venere viene nominata soltanto dopo aver considerato possibili reazioni chimiche ad oggi sconosciute, e quindi ancora da indagare. «Si è già accesa una disputa nella comunità scientifica. C’è chi appoggia la possibile origine biologica della fosfina su Venere, e c’è chi invece sostiene che i parametri chimico-fisici dell’atmosfera di Venere non consentirebbero lo sviluppo di forme di vita. In questo caso, la fosfina su Venere sarebbe un prodotto di origine casuale, non legata quindi alla presenza di forme di vita» commenta Pacelli, che è tra gli organizzatori del primo workshop italiano di astrobiologia in programma all’Agenzia spaziale italiana dal 27 al 29 ottobre.

«Si tratta comunque di una scoperta molto importante – continua la ricercatrice dell’Asi –  perché la fosfina è una tra le biofirme (tracce molecolari) rilasciate delle forme di vita, almeno tra quelle da noi conosciute. Il fatto di aver identificato una molecola di possibile origine biologica ci dice che stiamo andando nella direzione giusta: stiamo utilizzando la strumentazione corretta per il tipo di esplorazione spaziale che stiamo portando avanti nel Sistema solare».

Possiamo quindi immaginare che questa scoperta, se confermata, potrà incoraggiare future missioni su Venere. E cambiare il modo in cui andiamo a caccia di forme di vita extraterrestri, nel nostro o in altri sistemi planetari.

Giulia Bonelli: Giornalista scientifica