X
    Categories: cosmo

Archeologia cosmica: scovati i resti di un ammasso globulare anomalo

Esistono porzioni di spazio ai confini della nostra galassia dove abitano stelle e pianeti così distanti da noi che studiarli è un po’ come fare un salto indietro nel tempo. Ed è qui che, come archeologi cosmici, gli astronomi hanno scovato i resti di un antichissimo ammasso globulare. I soli sopravvissuti alla furia della Via Lattea, che oltre 2 miliardi di anni fa ha fatto a pezzi la maggior parte delle stelle dell’ammasso originario.  Lo studio, guidato dall’Università di Sydney e pubblicato oggi su Nature, getta una nuova luce sulla formazione di questi complessi oggetti celesti.

Gli ammassi globulari, o cluster, sono immense sfere costituite da milioni di stelle, legate tra loro dalla forza di gravità e orbitanti attorno un centro galattico. La nostra Via Lattea ospita circa 150 ammassi, che la circondano formando un tenue alone. Ma l’antico cluster appena scoperto, posizionato nella costellazione della Fenice, era probabilmente molto diverso da quelli che conosciamo oggi.

L’anomalia sta nella cosiddetta metallicità delle stelle appartenenti all’ammasso e sfuggite alla gravità della nostra galassia. Si tratta della quantità di elementi pesanti: secondo le principali teorie astronomiche, per la formazione di un nuovo cluster ne servono in abbondanza. Il che corrisponderebbe a un’elevata metallicità. Tutto il contrario di quello che il team di ricerca australiano ha trovato nei resti dell’ammasso della Fenice, dove il numero di elementi pesanti è decisamente basso.

Una possibile spiegazione, ancora da confermare, è che questo cluster sia l’ultimo di una popolazione di ammassi nati in condizioni cosmiche radicalmente diverse da quelle conosciute.  

«Siamo rimasti molto sorpresi – commenta Zhen Wan, leader dello studio – di scoprire che i residui di questo ammasso globulare sono così diversi da tutti gli altri ammassi della Via Lattea. Anche se l’ammasso è stato distrutto miliardi di anni fa, possiamo dire che si è formato nel giovane universo». Questa finestra nel cosmo primordiale ha permesso agli scienziati di gettare uno sguardo all’universo com’era 2 miliardi di anni fa, quando sulla Terra le uniche forme viventi erano organismi monocellulari. Ecco che l’archeologia cosmica, proprio come quella terrestre, aiuta ad aggiungere nuovi tasselli all’antica storia dell’universo.

Giulia Bonelli: Giornalista scientifica