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La Terra primordiale era un mondo acquatico?

Il mondo post apocalittico immaginato da Kevin Costner nel film Waterworld potrebbe avere un fondamento scientifico più solido di quanto pensiamo con una differenza temporale: non descriverebbe il nostro futuro ma il nostro passato più remoto.

La nostra Terra primordiale potrebbe essere stata un mondo completamente sommerso, dominato da un oceano globale che copriva l’intera superficie del pianeta. Due studi recenti, pubblicati su Nature Geoscience e AGU Advances, suggeriscono che circa 3,2 miliardi di anni fa, il nostro pianeta fosse privo di terre emerse, con un paesaggio più simile a quello del film Waterworld che al mondo che conosciamo oggi.

La scoperta: un mondo senza continenti

Uno studio condotto dall’Università del Colorado ha analizzato campioni di roccia prelevati dal sito geologico Panorama, nell’Australia nord-occidentale. I ricercatori hanno studiato il rapporto tra due isotopi di ossigeno, ossigeno 18 e ossigeno 16, scoprendo una maggiore concentrazione dell’isotopo più pesante rispetto a oggi. Questo suggerisce l’assenza di terre emerse, che normalmente avrebbero assorbito l’ossigeno 18 presente nell’acqua oceanica.

Secondo gli scienziati, sebbene possano essere esistiti micro-continenti appena affioranti, il pianeta era probabilmente dominato da vasti oceani primordiali, privi delle attuali masse continentali.

Il ruolo del mantello terrestre

Un secondo studio dell’American Geophysical Union, pubblicato su AGU Advances, fornisce ulteriori prove a supporto di questa teoria. Secondo la ricerca, la presenza di un mantello terrestre più caldo avrebbe influito sulla distribuzione dell’acqua superficiale e sulla capacità del pianeta di immagazzinarla nelle sue profondità.

Oggi, una parte significativa dell’acqua terrestre si trova intrappolata nei minerali del mantello, ma durante l’Eone Archeano, le temperature elevate potrebbero averne limitato la capacità di assorbimento. Di conseguenza, un oceano globale più esteso avrebbe dominato la superficie terrestre, influenzando la composizione atmosferica e le condizioni climatiche primordiali, fattori cruciali per l’origine della vita sulla Terra.

Implicazioni per la tettonica e la ricerca di vita su altri pianeti

Queste scoperte sollevano nuove domande sul momento in cui la tettonica a zolle ha iniziato a modellare i primi continenti emergenti. Gli scienziati stanno ora esaminando altri siti geologici, come quelli in Arizona e Sudafrica, per individuare prove aggiuntive e ricostruire l’evoluzione del nostro pianeta.

Inoltre, la ricerca ha implicazioni significative per la astrobiologia. Se un simile processo ha interessato anche Marte, potrebbe suggerire la presenza passata di oceani marziani e fornire nuovi indizi sulla ricerca di forme di vita extraterrestri.

Il futuro della ricerca

Gli studiosi stanno sviluppando modelli avanzati per stimare quanta acqua può essere immagazzinata nel mantello terrestre, utilizzando tecniche che potrebbero essere applicate anche ad altri corpi celesti. In particolare, la ricerca si concentrerà su Marte, per determinare se il suo sottosuolo possa aver ospitato un serbatoio d’acqua nascosto, un aspetto chiave per valutare la possibilità di vita aliena nel passato del Pianeta Rosso.

Le future missioni spaziali e gli studi geologici continueranno a svelare il mistero dell’oceano globale della Terra primordiale, fornendo risposte non solo sulle origini del nostro pianeta, ma anche su quelli lontani.

 

Fulvia Croci: Giornalista pubblicista, dopo la laurea in Relazioni Internazionali si avvicina al mondo della comunicazione scientifica. Nel corso degli anni ha trattato una vasta gamma di temi legati all'esplorazione spaziale, alla ricerca e alle attività dell’Agenzia Spaziale Italiana.