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Rottami spaziali: scontro evitato

Evitato lo scontro tra due satelliti ormai in disuso. Stiamo parlando di  Iras, un vecchio telescopio spaziale per le osservazioni astronomiche ad infrarosso realizzato da Usa, Regno Unito e Paesi Bassi del 1983 e Ggse 4, un satellite americano operativo dal 1967 al 1972. I due – secondo i calcoli degli esperti- hanno sfiorato la collisione nella notte del 29 gennaio scorso passando a una distanza dai 15 ai 30 metri l’uno dall’altro a un’altezza di 900 chilometri. Entrambi i satelliti non erano più in grado di comunicare con la Terra e qualsiasi tipo di manovra di riposizionamento sarebbe stata impossibile.

Secondo i calcoli effettuati da Leolabs, una società che si occupa di monitoraggio dei detriti spaziali, c’era una possibilità su cento di scontro, che, nel caso, avrebbe provocato una grande quantità di detriti di piccole dimensioni. La maggior parte di quei detriti, secondo gli esperti, sarebbe rimasta nell’orbita eliosincrona di Iras un’area in cui sono presenti moltissimi satelliti e altrettanti detriti. Nel corso delle ore precedenti l’impatto, il comando spaziale americano che si occupa di monitoraggio dei detriti, ha dichiarato che le probabilità di scontro stavano diminuendo con il passare del tempo e dopo numerosi passaggi radar dell’area interessata, non sono apparse prove della presenza di nuovi detriti.

Uno scontro in questa zona potrebbe portare a uno scenario distruttivo come descritto dalla Sindrome di Kessler. In questo ipotetico caso il volume dei detriti spaziali in orbita bassa terrestre potrebbe diventare così elevato da creare continue collisioni, creando una reazione a catena con un incremento continuo del numero dei detriti stessi.

Quello di Iras e Ggse 4 non è certo il primo caso di collisione spaziale. Uno dei più pericolosi degli ultimi anni è quello che ha coinvolto il satellite russo Kosmos 2251 e quello americano Iridium 33 in uno scontro di tipo accidentale, il primo di questo genere nella storia dei satelliti e la collisione aveva provocato una grande nube di detriti.

Il tema della sovrappopolazione di satelliti nelll’orbita terrestre è tornata ancora alla ribalta di recente con l’avvio delle magacostellazioni per la fornitura di Internet come la rete Starlink, creata da SpaceX che prevede l’invio di 12 mila mini-satelliti in orbita bassa. Una delle principali critiche rivolte a Musk riguarda l’eccessiva luminosità della costellazione che, una volta completata, potrebbe influire negativamente sulle osservazioni astronomiche da terra.

Se lo spazio va sempre più verso il sovraffollamento cresce il bisogno di tecnologie che possano ridurre il rischio di formazione di ulteriori detriti. Tra le proposte, quella dello Space Environment Research Center (Serc) con sede in Australia, che sta lavorando a una tecnica in grado di rintracciare oggetti fino a un centimetro anche grazie all’utilizzo di laser a infrarossi in grado di spingere via questi detriti fuori dalla loro orbita attuale e prevenire così nuove collisioni.

I ricercatori del centro inoltre stanno mettendo a punto una tecnologia chiamata ottica adattiva per stelle guida laser, per contribuire a rendere più prevedibili gli spostamenti della spazzatura spaziale. Nel dettaglio – una stella guida laser-  crea una stella artificiale in una parte di cielo che ne è priva per consentire agli scienziati di effettuare varie misurazioni. Il laser in questo caso viene impiegato per misurare le posizioni dei satelliti e per prevederne gli spostamenti nel futuro. Le stelle guida laser sono un esempio di tecnologia dal duplice uso: progettate per l’astronomia terrestre, possono fornire anche un valido aiuto nel monitoraggio dei detriti spaziali.

 

Fulvia Croci: Giornalista