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    Categories: cosmo

A scuola di buchi neri

Visione d’artista di un buco nero che accumula materia al centro di una galassia. Crediti: James Josephides

di Davide Patitucci

I bambini delle scuole primarie alle prese con i buchi neri. Hanno studiato galassie a spirale per effettuare una stima della massa dei buchi neri supermassicci nascosti nel loro cuore. Sembra un’impresa ardua per bambini di scuola elementare. Eppure si adattava anche a loro il progetto, rivolto ad appassionati di astronomia, messo a punto dagli studiosi della Swinburne university of technology, in Australia, e dell’university of Minnesota duluth, negli Usa. I primi risultati di questo progetto sono illustrati in uno studio pubblicato su Monthly notices of the royal astronomical society.

Per avere una stima della massa di questi cannibali cosmici, gli astronomi si sono basati, oltre che sullo studio tradizionale delle stelle e dei gas che precipitano nelle fauci del buco nero, catturati dalla sua irresistibile attrazione gravitazionale, anche su un sistema più semplice. Col quale si possono cimentare appassionati di ogni età: l’osservazione delle braccia delle galassie a spirale che ospitano i buchi neri.
Marc Seigar, astronomo dell’university of Minnesota duluth e coautore dello studio ha, infatti, scoperto alcuni anni fa una relazione tra la massa di un buco nero supermassicio ospitato nel cuore di una galassia a spirale e la geometria delle sue braccia.

Con il suo team si è, così, messo ad analizzare un campione delle migliaia di galassie a spirale scoperte nell’arco di un secolo, per stimare meglio statisticamente questa correlazione. E in questo laborioso lavoro di osservazione ha chiesto aiuto a semplici appassionati di spazio, compresi i più piccoli. Uno dei risultati è l’aver individuato un legame tra i buchi neri di massa più bassa e una forma più ampia, più aperta delle braccia delle galassie in cui si trovano. “Questo implica che i buchi neri e i dischi delle galassie che li ospitano devono essersi evoluti parallelamente”, conclude Benjamin Davis, altro firmatario della ricerca.

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