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Energia e materia oscura: siamo al capolinea?

Lo spazio curvato dalla massa di una galassia. Crediti: University of Warwick

È proprio vero che conosciamo circa il 5 percento del nostro Universo? Nell’ultimo secolo abbiamo scoperto che sembrano esistere due componenti, chiamate rispettivamente materia ed energia oscura, che terrebbero conto di circa il 95 percento di ciò che ci circonda. La materia oscura è richiesta dal moto delle stelle e delle galassie, mentre l’energia oscura dall’espansione accelerata dell’Universo. Tuttavia, secondo André Maeder, ricercatore dell’Università di Ginevra, le cose non stanno proprio così, poiché i fenomeni osservati potrebbero essere spiegati anche senza invocare queste due componenti. Lo studio, pubblicato sull’ultimo numero della rivista The Astrophysical Journal, sfrutta un nuovo modello teorico e sembra in grado di risolvere in un colpo solo due dei più grandi misteri dell’astrofisica.

La scoperta della presenza di una materia “invisbile” risale al 1933, quando Fritz Zwicky ne ipotizzò l’esistenza. Un’importante conferma arrivò negli anni ‘70, con l’osservazione da parte dell’astronoma statunitense Vera Rubin dei moti delle stelle. Da allora gli scienziati lavorano con grande impegno per identificare le particelle che compongono questa materia oscura, ma fino ad ora le loro ricerche sono state infruttuose. Nel 1998 c’è stato un secondo scossone nel campo dell’astronomia: un team internazionale di ricercatori scoprì che l’Universo si espande in maniera accelerata. La responsabile di questa espansione, la cosiddetta energia oscura, rimane a tutt’oggi un grande enigma, sebbene rappresenti circa il 70 percento di tutto ciò che osserviamo nel cosmo.

Attualmente la nostra rappresentazione dell’Universo e della sua evoluzione richiede un momento iniziale, chiamato Big Bang, e una successiva espansione. «In questo modello c’è un’ipotesi iniziale che non è stata presa in considerazione, secondo me», afferma André Maeder, professore presso il dipartimento di Astronomia dell’Università di Ginevra. «Con questo intendo l’invarianza di scala dello spazio vuoto, in altre parole il fatto che lo spazio vuoto e le sue proprietà non cambiano in seguito a una dilatazione o una contrazione». Sulla base di questa considerazione, Maeder ha sviluppato un nuovo modello cosmologico. Eseguendo una serie di test, Maeder ha scoperto che il suo modello concorda con le osservazioni, ed è in grado di predire l’espansione accelerata dell’Universo senza dover chiamare in causa alcuna particella o energia oscura. In sostanza, l’energia oscura potrebbe non esistere, dato che l’accelerazione dell’espansione potrebbe essere contenuta nelle equazioni della fisica.

Maeder ha preso in considerazione anche la legge di gravitazione universale di Newton, un caso specifico delle equazioni della relatività generale. Anche questa legge subisce delle variazioni quando tiene conto del nuovo modello, poiché contiene un termine di accelerazione che diventa particolarmente significativo a basse densità. Applicando questa legge modificata agli ammassi di galassie e alle loro velocità reciproche, si ottengono masse che concordano con la materia visibile, rendendo inutile invocare una componente di materia aggiuntiva. Con un ulteriore test, Maeder ha dimostrato che la legge di gravitazione modificata prevede anche delle alte velocità raggiunte dalle stelle nelle regioni esterne delle galassie (come osservato da Rubin) senza dover ricorrere alla materia oscura. Lo studio di Maeder sembra dunque aprire la strada a un nuovo modo di pensare al nostro Universo, che solleverà senza dubbio domande e dibattiti.

Elisa Nichelli: