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Nane bianche ‘cristalline’

Credit: University of Warwick/Mark Garlick

Sono quanto resta di stelle giganti rosse giunte al termine del percorso di vita e la ripetitività del loro ciclo evolutivo le rende molto preziose agli occhi degli scienziati, che le utilizzano come una sorta di ‘orologio cosmico’ per datare gli astri del loro vicinato: si tratte delle nane bianche, nuclei rimanenti di astri che hanno perso gli strati di materiale esterno e sono diventati freddi, dopo aver rilasciato il calore accumulato in miliardi di anni. Questi oggetti celesti, tra i più antichi presenti nell’Universo, sono tornati alla ribalta per una scoperta effettuata da un gruppo di astronomi dell’Università di Warwick (Regno Unito): utilizzando i dati raccolti dal satellite Gaia dell’Esa per la sua mappatura, il team ha ottenuto la prima evidenza diretta del processo di solidificazione in cristalli che interessa il nucleo delle nane bianche. La scoperta è stata illustrata nell’articolo “Core crystallization and pile-up in the cooling sequence of evolving white dwarfs”, pubblicato oggi su Nature, esattamente 50 anni dopo la formulazione della teoria relativa a tale fenomeno.

Le osservazioni, infatti, hanno rivelato che le nane bianche hanno un ‘cuore’ compatto di ossigeno e carbonio, dovuto a una fase di transizione nel loro ciclo evolutivo, che può ricordare la solidificazione dell’acqua in ghiaccio, ma a temperature ben più elevate. Dalla massa di informazioni di Gaia, gli studiosi hanno selezionato 15mila candidate nane bianche situate entro 300 anni luce di distanza dalla Terra e ne hanno analizzato i dati riguardanti i colori e la luminosità. Dall’indagine è emerso un pile-up, ovvero un’eccedenza nel numero di stelle relativamente a specifici colori e luminosità, che non sono risultati corrispondenti a nessun dato singolo di massa o età. Nel confronto con i vari modelli sull’evoluzione delle stelle, gli studiosi hanno notato che il pile-up coincide soprattutto con la fase in cui si prevede che il calore sia rilasciato in grandi quantità; la cristallizzazione, però, riduce la velocità del raffreddamento e questo fattore incide sull’età delle stelle, tanto che alcune potrebbero essere anche più anziane di quanto ritenuto in precedenza.

Gli astronomi ritengono che il primo a cristallizzarsi nelle nane sia l’ossigeno, che poi si sedimenta nella parte più interna del nucleo e spinge il carbonio verso l’alto; tale separazione è accompagnata da un rilascio di energia. Il fenomeno in questione era stato già ipotizzato 50 anni fa, ma solo le misurazioni precise di Gaia hanno permesso agli esperti di comprendere al meglio l’interno delle nane bianche e di dare una conferma; nell’immagine in alto, un’elaborazione artistica di una nana bianca in cristallizzazione (credits: University of Warwick/Mark Garlick). Tutte le nane bianche, ad un certo punto, raggiungono questa fase di solidificazione e, secondo gli autori dell’articolo, nella nostra galassia ci sarebbero miliardi di questi oggetti celesti, divenuti essenzialmente una sorta di sfere di cristallo. Gli studiosi pensano che anche il Sole possa avere questo tipo di evoluzione in un arco di tempo di circa 10 miliardi di anni e che, più in generale, la scoperta sia un grande passo in avanti nella misurazione delle età delle nane bianche e delle stelle più antiche della Via Lattea.

Valeria Guarnieri: Nata in tempo utile per vivere sin dall'inizio il fenomeno Star Wars, lavora in ASI dal 2000 e dal 2011 si occupa di comunicazione web presso l'Unità Multimedia dell'ente. Dedica la maggior parte del tempo libero alla montagna, suo grande amore.