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In Groenlandia un’inondazione interna ha squarciato il ghiaccio

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Nel cuore dell’Artico, il detto ‘rompere il ghiaccio’ è stato preso alla lettera. La scoperta di un lago rilevato di recente sotto il ghiaccio polare di un’aera remota della Groenlandia suggerisce che la dinamica idrologica della calotta glaciale sia più complessa e potenzialmente più distruttiva di quanto finora ritenuto.

Negli ultimi trent’anni, la calotta glaciale della Groenlandia ha perso in media circa 169 miliardi di tonnellate di ghiaccio ogni anno, contribuendo a un innalzamento del livello del mare di circa 14 millimetri. Con il rapido riscaldamento dell’Artico, si prevede un aumento significativo dello scioglimento, con conseguente accumulo di acqua liquida non solo in superficie, ma anche all’interno e alla base della calotta.

Un team internazionale di scienziati, guidato da ricercatori dell’Università di Lancaster e del Centre for Polar Observation and Modelling del Regno Unito, ha documentato per la prima volta un evento eccezionale: una massiccia inondazione subglaciale ha risalito la calotta glaciale, fratturandola dall’interno e provocando un’esplosione d’acqua dalla superficie del ghiaccio. L’articolo che ne parla è stato pubblicato su Nature Geoscience.

L’evento è stato ricostruito con precisione grazie a dati provenienti da numerose missioni satellitari, tra cui CryoSat, Sentinel-1 e Sentinel-2 del programma europeo Copernicus, oltre a ICESat-2 della Nasa, e modelli 3D ad alta risoluzione nell’ambito del progetto ArcticDEM.
Nel 2014, in un’area remota della Groenlandia settentrionale, un lago subglaciale si è svuotato improvvisamente. Il risultato è stato catastrofico: in soli 10 giorni sono stati rilasciati circa 90 milioni di metri cubi d’acqua, l’equivalente di nove ore di piena delle Cascate del Niagara. L’acqua non è semplicemente fuoriuscita: ha forzato la sua risalita dalla base verso l’alto, generando una pressione talmente intensa da aprire profonde fratture nella calotta. Si è formato un enorme cratere profondo 85 metri e largo 2 chilometri quadrati. Blocchi di ghiaccio alti fino a 25 metri sono stati divelti e la superficie del ghiaccio è stata violentemente incisa ed erosa.

Finora si riteneva che l’acqua di fusione (che deriva dalla fusione del ghiaccio, quello che comunemente chiamiamo scioglimento) scorresse solo dall’alto verso il basso, attraverso pozzi verticali (moulins) e crepacci fino alla base della calotta per poi defluire in mare. Ma queste nuove osservazioni dimostrano che l’acqua può anche muoversi nella direzione opposta, risalendo verso la superficie e spaccando il ghiaccio dall’interno. Ancora più sorprendente è che tutto ciò sia accaduto in una zona in cui i modelli prevedevano che la base della calotta fosse congelata, una condizione, in teoria, incompatibile con il flusso d’acqua. Ciò vuol dire che la pressione del lago subglaciale è stata sufficiente a fratturare anche ghiaccio ‘freddo’ alla base.

Con il continuo riscaldamento dell’Artico, si prevede un’intensificazione dello scioglimento dei ghiacciai, con un conseguente incremento del volume di acqua liquida presente sia sopra che all’interno della calotta. Capire come, quando e dove avvengono queste inondazioni subglaciali è fondamentale per prevedere con maggiore precisione la dinamica dei ghiacciai e il loro contributo all’innalzamento del livello del mare, valutare gli effetti su circolazione oceanica, produttività marina e trasporto di nutrienti e sedimenti, nonché per aggiornare i modelli climatici globali, includendo questi meccanismi idrologici, finora non considerati.

Con il clima che cambia, eventi come questo potrebbero rappresentare non più un’eccezione: gli scienziati ritengono infatti che con l’aumento delle temperature e l’intensificazione del deflusso superficiale, fenomeni simili possano diventare sempre più frequenti.

 

In apertura: il ghiacciaio Harder nella Groenlandia settentrionale, dov’è avvenuta nel 2014 un’enorme inondazione sotto il ghiaccio, ripreso dalla missione Copernicus Sentinel-2 nel 2024. Crediti: dati di Copernicus Sentinel elaborati da Esa.

 

Gloria Nobile: Penna per scrivere, voce per raccontare. Sono una comunicatrice scientifica, da sempre appassionata di astronomia e documentari. Dopo la Laurea magistrale in Giornalismo, ho conseguito il Master in Comunicazione della scienza alla Sissa di Trieste. Oggi scrivo per l’Agenzia spaziale italiana e mi occupo della comunicazione della candidatura italiana per il progetto Einstein Telescope.