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Riparare una fotocamera a 600 milioni di chilometri. Missione compiuta!

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Gli ingegneri della Nasa hanno riparato una fotocamera a centinaia di milioni di chilometri di distanza fornendo nuove prospettive per la cura di veicoli spaziali esposti a radiazioni elevate. Un’operazione eseguita nello spazio profondo nel dicembre del 2023 a bordo di Juno, la missione partita nel 2011 per studiare il campo magnetico di Giove. I risultati dell’intervento sono stati presentati il 16 luglio alla Conferenza dell’Institute of Electrical and Electronics Engineers sugli Effetti delle Radiazioni Nucleari e Spaziali a Nashville, negli Stati Uniti.

JunoCam è una macchina fotografica a colori, che opera nella luce visibile, progettata per resistere alle prime otto orbite di Giove. L’ottica è infatti situata all’esterno di una camera di sicurezza, con pareti in titanio, che protegge dalle radiazioni i componenti elettronici degli strumenti scientifici di Juno.

Nonostante la sonda viaggi attraverso i campi di radiazione planetaria più intensi del Sistema Solare, la JunoCam ha funzionato correttamente per 46 orbite. Poi sono iniziati i primi segnali che mostravano danni al sensore causati dalle radiazioni. Un regolatore di tensione, necessario per l’alimentazione dello strumento, risultava danneggiato. A quasi 600 milioni di chilometri di distanza e con un guasto del genere, non c’erano molte possibilità per recuperare il funzionamento dello strumento. Ma gli ingegneri ce l’hanno messa tutta e hanno utilizzato un processo termico che migliora le proprietà dei metalli: la ‘ricottura’. La temperatura della fotocamera è stata aumentata di 25 gradi centigradi attendendo con ansia i risultati. Le immagini sono tornate nitide. Nel frattempo la sonda si stava addentrando sempre di più nel cuore dei campi di radiazione di Giove. Alla 55esima orbita le immagini hanno ricominciato a mostrare striature e rumore fino a non esser più utilizzabili. A questo punto gli ingegneri hanno provato la soluzione più estrema: aumentare al massimo la temperatura. La sorpresa è stata straordinaria. Dopo lievi miglioramenti iniziali, in cui si sono tentati diversi schemi di rielaborazione d’immagine, senza risultato, lo strumento ha ricominciato a funzionare. Era il 30 dicembre 2023 e Juno si trovava a 1.500 chilometri dalla superficie di Io, la luna vulcanica di Giove. Le foto della JunoCam avevano una qualità simile a quelle delle immagini realizzate nelle prime orbite, e stava acquisendo i dettagli della regione polare settentrionale di Io che rivelavano blocchi montuosi ricoperti di brine di anidride solforosa.

Il 22 luglio 2025 Juno ha compiuto la sua 74esima orbita e a fine anno terminerà la sua operatività. Le immagini iniziano a mostrare nuovamente rumore, ma la missione ha ampiamente superato i suoi obiettivi. L’Agenzia Spaziale Italiana contribuisce alla missione Nasa con gli unici due strumenti non statunitensi: Jiram e KaT.

L’auspicio dei ricercatori di Juno è che i risultati di questa sperimentazione siano applicabili anche ad altre missioni.

 

Immagine in evidenza: illustrazione della missione Juno attorno a Giove

Barbara Ranghelli: Giornalista scientifica. Da sempre attratta dal cielo, ho iniziato a indagarlo dall’età di 7 anni. Prima con mio zio dalla Sicilia, poi con la rivista “L‘Astronomia” fondata da Margherita Hack che raccontava le Costellazioni attraverso i Miti, infine con l’associazione astrofili “Altair” di Ostia, utilizzando il telescopio. Dopo una lunga parentesi nelle produzioni televisive broadcast, ho frequentato la Scuola di Giornalismo Lelio Basso di Roma e dal 2022 sono socia dell’Unione Giornalisti Scientifici Italiani.